“It was a town of red brick, or of brick that would have been red if the smoke and ashes had allowed it; but as matters stood it was a town of unnatural red and black like the painted face of a savage. It was a town of machinery and tall chimneys, out of which interminable serpents of smoke trailed themselves for ever and ever, and never got uncoiled. It had a black canal in it, and a river that ran purple with ill-smelling dye, and vast piles of buildings full of windows where there was a rattling and a trembling all day long, and where the piston of the steam-engine worked monotonously up and down like the head of an elephant in a state of melancholy madness. It contained several large streets all very like one another, and many small streets still more like one another, inhabited by people equally like one another, who all went in and out at the same hours, with the same sound upon the same pavements, to do the same work, and to whom every day was the same as yesterday and tomorrow, and every year the counterpart of the last and next”.
Questa è la descrizione che Dickens ci fa di Coketown, nel romanzo “Tempi difficili” del 1854, eppure potrebbe descrivere perfettamente anche la città in cui è ambientata l’azione in Dishonored, Dunwall. Prima di partire descrivendo il gameplay, la grafica e la trama del gioco, vorrei soffermarmi un momento sull’aspetto concettuale di Dishonored.
Spesso, troppo spesso, i giochi vengono recensiti senza cercare di indagare quanto veramente siano originali, quale e quanto lavoro ci sia dietro, a cosa si siano ispirati i designer. Molte volte ci si limita a segnalare una somiglianza con un altro titolo, ma i game-designer non sono persone con una scienza infusa, da qualche parte devono aver tratto degli elementi da inserire nel proprio videogioco: da cosa hanno attinto i programmatori degli Arkane Studios?
Come abbiamo avuto modo di leggere, i ragazzi di Arkane Studios, ed in particolare Austin Grossman, scrittore di Dishonored, hanno tratto ispirazione dalle città dell’Inghilterra della seconda rivoluzione industriale: grandi conglomerati di case e fabbriche, fatte di mattoni, razionali nella planimetria e senza alcuno spiraglio di verde.
Per realizzare una città come Dunwall non basta comunque leggere qualche romanzo, bisogna almeno effettuare una, anche modesta, ricerca storica, soprattutto visiva. Questa ricerca può essere effettuata attraverso i dipinti, ed un esempio ne è Gustave Doré, con il suo “Over the city by railway”, tratto dalla raccolta intitolata “London: A Pilgrimage”, o attraverso le descrizioni presenti in romanzi, come il già citato Hard Times di Dickens, o Il ventre di Parigi, di Zolà. Gli stessi games designer di Dishonored hanno girato per varie città inglesi, tra cui Londra, con la macchina fotografica al collo per prendere spunto dagli edifici ottocenteschi ancora presenti. Il lavoro è stato ottimo, tanto che anche i poliziotti che incontreremo in ogni livello sono tremendamente somiglianti a quelli di metà ‘800.
“Over the city by railway”, di Gustave Doré
A tutto questo i game-designer hanno aggiunto un tocco, più o meno pesante a seconda dei gusti, di steampunk: sarà possibile vedere ed utilizzare macchinari a vapore o funzionanti tramite energia elettrica, e non mancheranno, addirittura, delle torrette automatiche dotate di mitragliatrici, dei mezzi di locomozione completamente blindati e soldati con tute meccaniche: uno scenario molto vicino a quello della “Guerra dei mondi”. Aggiungiamoci un pizzico di magia ed ecco il contesto in cui si muoverà Corvo Attano, il nostro alter ego.
Polizia metripolitina di Toronto nella seconda metà del XIX Secolo
Dunwall quindi può essere considerata una città semi-realistica con qualche spruzzata di steampunk, ma del protagonista non abbiamo ancora parlato. A chi potrebbero essersi ispirati per Corvo? Lo stesso Austin Grossman ha affermato che Corvo somiglia a Gordon Freeman, ma solo in un aspetto: la silenziosità. Entrambi i protagonisti non parlano. Per Grossman però vi è una differenza in questo, come spiega in un’intervista a vg247: “The difference between Dishonored and how it works in Half-Life 2 is that it’s a lot more personal. I think you get that involvement because the character has personal relationships with people from the beginning. And it’s very clear that people have fucked with you in a very personal way. I’m biased, of course, but I think Dishonored grips you much more viscerally, more emotionally”. Sinceramente trovo questo chiarimento abbastanza scadente, ma d’altra parte i creativi sono famosi per avere anche delle opinioni decisamente bizzarre.
Vespero, assassino nel mondo di Warhammer Fantasy
Continuando, se avete giocato a Warhammer 40k, non potrete non notare una certa somiglianza con l’Assassino Imperiale Eversor, anche dal punto di vista del design: anch’esso ha una maschera a forma di teschio, è un assassino letale, capace di combattere contro molti nemici contemporaneamente, con una pistola o una spada in una mano ed un guanto artigliato nell’altra, e che agisce senza parlare. Le sue azioni parlano per lui, e per l’Imperatore. Non somiglia un po’ a Corvo? Anche un altro personaggio della Games Workshop somiglia a Corvo, Vespero, soprattutto nel vestire. Ma per il vestiario è in debito anche con i vari Assassin’s Creed.
I volti dell'Ammiraglio Havelock e di Treavor Pendleton quando apprendono del mutismo di Corvo
E il background di Corvo? E’ originale? Di storie come la sua se ne sono sentite tante, quindi ne riporterò una, di un manga giapponese del 1970, Lone Wolf and Cub. In questo manga, Ogami Ittō, assistente personale dello Shogun quale boia imperiale (carica tra le più prestigiose), viene accusato ingiustamente di tradimento e, per evitare la morte, diviene un assassino a pagamento, in cerca di vendetta verso chi lo ha compromesso. Ma somiglia anche al più sopra citato Gordon Freeman: da solo, contro un’organizzazione dagli obiettivi poco etici, aiutato da una masnada di rivoluzionari e con una serie di poteri. A Gordon erano dati dalla tuta e dalla Gravity Gun, a Corvo dalla maschera e dalla magia.
Anche i personaggi di contorno sembra siano stati riciclati da altri film, videogiochi o libri. La ricerca di Emily ricorda vagamente l’avventura grafica “The city of the lost children”, il capo gang Slackjaw sembra un parente stretto di Bill il Macellaio di “Gangs of New York”, mentre i gemelli Pendleton saranno fratelli anche di Hugo Weaving, divenuto famoso impersonando l’agente Smith in Matrix? O ancora, la missione del ballo in casa Boyle ricorda quanto realmente accaduto a Gustavo III di Svezia, ferito durante un ricevimento in maschera il 16 marzo 1792. La stessa situazione che vivremo a Dunwall, dal punto di vista politico e della malattia, ricorda la città di Battledale, nell'ambientazione dei Forgotten Realms, di Dungeon & Dragons.
Slackjaw, a sinistra, e Bill il Macellaio
In conclusione, dell’ambientazione non si può certo parlar male, tutto è ben fatto, e si vede che dietro vi è una certa ricerca storica, seppur di basso livello (è pur sempre un gioco arcade steampunk), mentre per quanto riguarda la trama e il design dei personaggi forse si poteva far di più: spunti veramente originali non ve ne sono e il tutto, spesso, sa di già visto o letto.
Il gameplay, come ho avuto modo di anticiparvi, vede da parte del protagonista la possibilità di utilizzare sia armi tradizionali (spade, pistole, balestre) che oggetti tecnologicamente avanzati (mine, granate) e poteri magici. Questi permetteranno al nostro alter ego di poter effettuare scelte diverse durante le missioni, in combinazione con la componente stealth implementata dai programmatori.
Piero al lavoro sulla nostra maschera. A giudicare dal volto, pare piuttosto soddisfatto.: "Fuck, yeah!"
Corvo Attano, nelle sue vesti di assassino, dopo essere stato spogliato della carica di Lord Protettore, potrà portare a termine le missioni che gli verranno assegnate in diversi modi. Potrà evitare l’uso della violenza, eludendo le guardie, senza che una goccia di sangue venga versata. Oppure potrà farsi largo uccidendo chiunque gli si pari tra i piedi, militari o civili che siano. Queste scelte andranno a modificare la vita a Dunwall. Il nostro operato alla fine di ogni missione vedrà il riepilogo in una scheda, come quella presente qui sotto.
La scheda riepilogativa di chi vuol giocare alla Rambo, più che alla Fisher
Ogni missione, inoltre, porterà con sé delle variabili. Accettare di compiere certe quest secondarie porterà alcuni personaggi, nel proseguo della storia, a fornirci aiuti o metterci i bastoni tra le ruote. Ogni nostra azione si percuoterà nel gioco. Questo non significa che la longevità sia infinita, anche perché spesso basterà rifare il medesimo capitolo tre o quattro volte per avere un finale diverso dello stesso, senza dover per forza rigiocare Dishonored da capo. Tale approccio, naturalmente, va a svantaggio della longevità sul lungo termine.
Per esemplificare, nella missione al Golden Cat come avrete intenzione di comportarvi con le prostitute/cortigiane che vi lavorano? Le ucciderete, le stordirete o le lascerete gironzolare senza problemi? Più civili si uccidono, maggiori saranno i problemi nel corso del gioco: i nemici saranno più numerosi, le zone neutrali più pericolose, il numero di ratti mangiatori di uomini crescerà esponenzialmente. Un alto numero di uccisioni porterà Corvo verso un elevato grado di Caos, ad un finale diverso e, non meno importante, a missioni leggermente più complicate, e tutto questo guiderà il giocatore ad un circolo vizioso: le uccisioni su vasta scala diverranno quasi necessarie per proseguire, ed al contempo le munizioni per le armi saranno sempre troppo poche. Un bel grattacapo. Sempre nella missione relativa al Golden Cat vi saranno almeno tre sotto quest, e anche queste porteranno a certi esiti, a deconda di come ve la giocherete.
Una delle (poco vestite) cortigiane del Golden Cat, fatta svemire per evitare che allerti le guardie
Comunque, tornando all'azione, seppure sia un FPS in prima persona, Dishonored permette di effettuare comportamenti simili a quelli presenti nelle serie Hitman o Splinter Cell, come acquattarsi, spiare dai buchi delle serrature, saltare sui tetti, tendere agguati alle spalle, e via discorrendo. Anche i combattimenti all’arma bianca assumono un aspetto tutto particolare grazie alla possibilità di effettuare delle parate.
A queste caratteristiche va poi aggiunto tutto quello che la parte magica permette di fare: teletrasportarsi per brevi distanze (Traslazione), fermare il tempo (Distorsione), disintegrare i cadaveri dei nemici uccisi, vedere attraverso le pareti (Visione oscura) e via discorrendo. Questi poteri è possibile attivarli raccogliendo nelle varie missioni le rune, antichi manufatti extraplanari. Fin dalle prime battute sarà possibile attivare almeno un paio di questi poteri, a scelta del giocatore, ma alcuni sono davvero sbilanciati. Le abilità di Traslazione e Distorsione, ad esempio, sono eccessivamente potenti, e fin dai primi momenti, se abilitate, permetteranno al giocatore di effettuare azioni più che temerarie.
Dishonored dovrebbe essere un videogioco Stealth, almeno teoricamente, ma le abilità sopra citate permettono al giocatore di arrivare a completare la missione non “alla Duke Nukem” ma quasi, se non si vuole tenere conto del livello di Caos (Aka, quanti nemici si uccidono) e delle missioni secondarie che si perdono. Questo, è vero, può evitare momenti di forte frustrazione al giocatore stesso, nel caso una parte di missione si rivelasse troppo complicata da superare in modo furtivo ma, allo stesso modo, almeno personalmente, sminuisce l’ottimo lavoro fatto dagli Arkane Studios dal punto di vista del design dei livelli. E’ come giocare a scacchi e, vedendo che si perde, si gettasse all’aria scacchiera e pezzi vari.
Ecco a voi la Visione Oscura: attraverso questa capacità potremo osservare dove si trovano i nemici, anche attraverso i muri,e sapere dove stanno guardando, grazie al cono di visuale. Non vi ricorda Commandos?
Così, per evitare di mandare a monte, o “a Caos”, la partita dovremo pensare bene alle nostre mosse. Proprio per questo a Dunwall avremo come alleati un gruppo di rivoluzionari, e tra questi vi troveremo un simpatico scienziato fissato con l’olio di balena, tale Piero Joplin. Piero, come Leonardo equipaggia Ezio Auditore (in Assassin’s Creed), o Q equipaggia James Bond, equipaggerà il nostro Corvo Attano. Ma le sue invenzioni hanno un costo, e per pagarcele dovremo razziare qua e là durante le nostre sortite: borselli delle guardie, monete d’oro in ogni pertugio, quadri di valore e ingredienti per misture bislacche.
Grazie ai simpatici gingilli creati per noi appositamente da Piero potremo effettuare azioni di ogni tipo: addormentare le guardie o i civili infetti con i dardi narcotizzanti, ottenere un binocolo integrato nella maschera, così da avere una visione chiara della situazione a lungo raggio, e molto altro.
Chiaro e conciso: ecco cosa significa agire da caotici.
Anche la planimetria dei luoghi in cui opereremo giocherà un ruolo di primo piano: potremo farci strada dalla porta principale, a suon di esplosioni e proiettili, oppure potremo passare dai tetti, così da raggiungere il nostro obiettivo senza farci vedere e sentire, come dei gatti, rendendo inoffensiva qualche guardia solo nel caso ce ne fosse stretta necessità.
Dishonored, se fino ad ora ha piacevolmente stupito per il gameplay, lascia non delusi ma interdetti per il comparto tecnico. Il motore che muove il gioco è ancora l’Unreal Engine 3, seppur notevolmente migliorato, e tale scelta si mostra in tutta la sua antica bellezza: texture non perfette, ambienti un po’ spigolosi e animazioni mediocri. Avere un motore di gioco tanto vecchio però può non essere un così grave difetto, alla fine: vi saranno molti più giocatori in grado di far girare Dishonored sul proprio computer non all’ultimo grido.
Contrariamente a quanto scritto nella configurazione minima consigliata, più sotto riportata, Dishonored funziona egregiamente con componenti molto più anziani, per non dire vetusti, o scarsi. Un Sempron X2 190, con 4 GB di RAM e una scheda nVidia 8800GTS con 512MB riesce a far girare Dishonored a 1920x1080, senza problemi, a 70 fps medi.
Requisiti minimi elencati dal produttore:
- OS: Windows Vista / Windows 7
- Processor: 3.0 GHz dual core or better
- Memory: 4 GB system RAM
- Hard Disk Space: 9 GB
- Video Card: DirectX 9 compatible with 512 MB video RAM or better (NVIDIA GeForce GTX 460 / ATI Radeon HD 5850)
- Sound: Windows compatible sound card
A questi dettagli, alla risoluzione di 1920x1080, è possibile giocare sui 100 fps con una GeForce 8800GTS 512MB con una FX-8120 come CPU
Personalmente non riesco comprendere la scelta di creare quella tabella dei requisiti minimi, in quanto potrebbe scoraggiare molti giocatori dal comprare il titolo. Solitamente, anzi, i requisiti minimi sono troppo bassi per gustarsi il gioco in modo decente, come nel caso di Gotham City Impostors, da noi recensito, così da invogliare all’acquisto un numero maggiore di persone.
Dopo aver letto tutto questo sproloquio molti avranno notato delle analogie tra Dishonored e altri titoli più o meno recenti. Alcuni avranno trovato delle somiglianze con Thief, altri con Bioshock, altri con Deus Ex, altri ancora con Half Life 2. Non preoccupatevi, non siete malati, avete solamente visto giusto. Harvey Smith, co-fondatore degli Arkane Studios, ha lavorato a Deus Ex, così come Ricardo Bare, ora Lead Designer. Viktor Antonov, Art Director, ha lavorato alle ambientazioni di Half Life 2, e si vede. Altri hanno avuto collaborazioni più o meno importanti con le case dei videogiochi più sopra citati.
Dunwall, una perfetta fusione tra City 17 di Half Life 2 e la Černobyl di Stalker
Questo, comunque, non va a DisOnore degli Arkane Studios, tutt’altro: sono riusciti a prendere il meglio da questi videogiochi, e ad amalgamarlo. Facendo questo, però, hanno anche tralasciato alcuni particolari, che forse per alcuni possono essere degli aspetti non secondari: la trama, come ho avuto già modo di dire, non è propriamente originale, ed anche il design dei personaggi prosegue sulla stessa falsariga. Harvey Smith e soci hanno fatto bene il grosso del lavoro, ma sono caduti nei dettagli, e nell’utilizzo di un motore grafico ormai vecchio. E’ vero, questo renderà DisHonored appetibile a molti videogiocatori, sempre se non si lasceranno fuorviare dai requisiti minimi consigliati, ma con le schede video oggi in circolazione ci si sarebbe aspettati molto di più. Per accontentare il mercato console si è svilito quello PC, e poiché abbiamo recensito la versione PC, di questo dobbiamo tenere conto.
Durante le missioni troveremo dei libri, i quali arricchiranno il background dell'ambientazione, in classico stile RPG "old school", se si avrà la pazienza di leggerli
Concludendo, Dishonored si rivela un ottimo titolo, soprattutto dal punto di vista del gameplay, e regalerà un discreto quantitativo di ore di divertimento (circa 20) a chi vorrà affrontarlo in modalità stealth, se si vorranno completare anche le missioni secondarie, ma non aspettatevi di volerlo rigiocare: la libertà di azione è ampia, ma giocarlo subito in modalità stealth implica il completare un buon 80% delle quest secondarie. Inoltre, la mancanza di una modalità multiplayer, anche se di per sé non è un male, limita ulteriormente la longevità del titolo. Per 50 euro mi sarei aspettato almeno il doppio delle ore di gioco, ma di questi tempi è già tanto se un FPS riesce a differenziarsi dalla massa.
Pro
- Gameplay vario ed articolato
- Ampia libertà d'azione
- Motore grafico leggero
- Atmosfera coinvolgente
- Un FPS diverso dal solito
Contro
- Trama e design dei personaggi sanno di già visto
- Motore grafico datato
- Longevità relativamente bassa
- Finali limitati, nonostante la libertà d'azione