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Il mercato degli SSD nel recente passato ha conosciuto una relativa stasi. La connessione SATA III, che in molti credevano non saturabile alla sua uscita (2009), se non in un lontano futuro, è già da tempo un reale collo di bottiglia per le unità allo stato solido più recenti, bloccate a circa 600 MB/s nella velocità di trasferimento dati.

Le case produttrici di SSD, le case produttrici di Chipset, così come altre aziende che operano in maniera più o meno diretta in tale settore, stanno quindi studiando molto attivamente diverse soluzioni per superare questa barriera, guardando anche alla longevità futura. Non si vorrebbe ripetere l'errore commesso con la connessione SATA III, nata quasi già vecchia.

Nascono così diverse nuove porte di comunicazione dedicate agli SSD, i quali piano piano cominciano a trovarsi in formati diversi dai soliti package da 2.5” tanto somiglianti agli chassis dei classici hard disk meccanici da notebook: possiamo nominare gli SSD su slot PCI-e, per slot mSata e per slot M.2, tra quelli che stanno avendo maggior successo commerciale. Senza dimenticare l'imminente SATA 3.2 (SATA Express), evoluzione dell'attuale SATA III.

 

 

Questa corsa alla ricerca di un formato in grado di garantire maggiori prestazioni ha aiutato l'abbassamento dei prezzi degli SSD classici nel mercato consumer, in quanto non più prodotti di punta in ambito velocistico. Tale situazione, al contrario, si è verificata solo in parte nei settori Prosumer ed Enterprise, mercati dove la parte del leone la fa l'affidabilità, ed in misura minore la velocità pura.

Oggi, quindi, grazie alla disponibilità di OCZ Starage Solutions, possiamo provare con mano quanto effettivamente le nuove soluzioni su slot PCI-e siano più vantaggiose rispetto a quelle che fino ad ora hanno affollato le nostre porte SATA III, e lo faremo attraverso un confronto molto particolare, che ci porterà a fare delle considerazioni tutt'altro che scontate.

Buona lettura.