Prima di parlare di questa importante novità commerciale per AMD, sarebbe il caso di parlare di come la strategia protezionistica avviata da Trump stia naufragando ancora prima di prendere il mare. Credo tutti sappiamo di come il Presidente degli USA stia cercando di avviare una politica protezionistica di ampio respiro, che vada ad abbracciare tanto il settore primario (Estrazione delle materie prime), quanto quello secondario (Industria pesante e leggera). Tra i prodotti che Trump vuole proteggere vi sono anche quelli informatici, come le CPU x86 di Intel, ancora oggi la base su cui costruire le infrastrutture informatiche più flessibili e potenti. Va da sé, quindi, che i paaesi colpiti da questi dazi (Cina ed UE) stiano rispondendo colpo su colpo.

Proprio per questo Intel si sta trovando in difficoltà a causa dei dazi di Trump. In ambito militare si direbbe che si è sotto fuoco amico, e così scrive Reuters: “Intel could shift its production strategies to avoid much of the blow. Intel produces raw chips at six so-called wafer fabs, with three in the United States, one in Ireland, one in Israel and one in China. From there, chips go to so-called assembly and test facilities. After that, they are sold to Intel’s customers, large computer brands or contract manufacturers who work on their behalf. Most of those entities are legally based in China because that is where most electronics are built, and that explains why Intel booked $14.8 billion in China revenue in 2017.
But it is Intel’s $12.5 billion revenue from the United States that is at risk. If Intel makes a chip at its U.S. plants in Oregon, Arizona or New Mexico, then sends it to China for low-level assembly work and then brings it back so it can be put into a device manufactured in the United States, the chip would get hit by the tariff.
But Intel also has assembly and test centers in Costa Rica, Malaysia and Vietnam. Chips from non-Chinese wafer fabs sold to American companies that pass through those facilities likely would not be hit”.
Insomma, Intel deve giocare una pericolosa partita a scacchi con lo stesso governo USA per evitare di essere colpita dai dazi, e quindi mantenere gli attuali faraonici utili. Non va poi dimenticato che il Presidente Obama, nel 2015, ha imposto lo stop alla vendita di processori Xeon e coprocessori Xeon Phi in Cina per la realizzazione di Supercomputer, ed anche questo ha colpito, seppure in minima parte (Si parla di qualche milione di dollari, non di più), il fatturato di Intel

AMD, invece, come ha deciso di agire? Essendo ormai un’azienda Fabless, incentrata sul mercato dei prodotti Custom e Semi-Custom (Basti pensare alle APU per le Console), la dirigenza di Sunnyvale (Sì, lo so che AMD si è trasferita a Santa Clara … ma per me rimarrà sempre l’azienda di Sunnyvale!) ha deciso di seguire la strada tracciata da VIA con Zhaoxin (JV nata nel 2013).
Sappiamo che la licenza x86 non è trasferibile da un’azienda ad un’altra attraverso l’acquisizione (Ad esempio, se un’azienda acquistasse AMD, la licenza x86 decadrebbe). Sappiamo inoltre che nessuna azienda, a parte le stesse VIA (Con la controllata Centaur Technology) e AMD, può mettere mano ai core x86, pena il decadimento della licenza.

Come aggirare, quindi, queste limitazioni?
Molto semplicemente AMD offrirà l'IP dei core Zen, a cui potrà essere costruito attorno un intero SoC secondo i desideri del cliente, in questo caso Chengdu Haiguang IC Design Co., una Joint Venture formata da AMD (51%) e dal Governo cinese (49%). I cinesi pagheranno i costi di sviluppo e produzione, mentre AMD riceverà in cambio le Royalty per ogni processore venduto e potrà sfruttare per i propri prodotti il Know-How maturato. Un Win-Win per entrambe le parti.
Eccoci dunque qui a presentarvi Dhyana (Di cui ancora non si conoscono le specifiche): un SoC EPYC-Like, realizzato da questa Joint-Venture. Intel farà bene a preoccuparsi, in quanto nell’arco di pochi anni potrebbe effettivamente perdere tutto il mercato cinese delle CPU x86, valutato attorno ai 17 mld di Dollari.