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In questi giorni si sta parlando della possibilità di utilizzare gli eBook quali libri di testo, così da alleviare le sofferenze finanziarie dei genitori, almeno formalmente, e portare il sistema educativo italiano finalmente nel terzo millennio.

 

Studenti della Southern Illinois University

 

Eppure questo cambiamento rivoluzionario, perché tale sarebbe, in quanto verrebbe meno, in gran parte, l'utilizzo della carta, ha molte più ombre che luci: come realizzare tale cambiamento? Non è da considerarsi eccessivo? E' il corpo docente pronto a questa sfida? Quali sono i costi? Si è ben compresa la portata di un tale passo?

A mio parere, chi sta studiando la riforma a molte di queste domande non saprebbe rispondere. Non perché sia stupido (almeno si spera), quanto perché non vuole porsele. Dover rispondere a queste domande richiederebbe tempo, ricerche e un incredibile lavoro di équipe: troppo per far contenti alcuni editori ed imprenditori, gli unici che effettivamente ci guadagneranno comunque vadano le cose.

Queste domande, quindi, ho deciso di pormele io stesso, giusto per osservare, da un'angolazione più ampia e precisa, quali potrebbero essere le opzioni a disposizione e come gli altri paesi stanno pensando l'educazione “digitale”.


La sapienza economica di questo secolo si può misurare dal corso che hanno le edizioni che chiamano compatte, dove è poco il consumo della carta, e infinito quello della vista. Sebbene in difesa del risparmio della carta nei libri, si può allegare che l'usanza del secolo è che si stampi molto e che nulla si legga. Alla quale usanza appartiene anche l'avere abbandonati i caratteri tondi, che si adoperarono comunemente in Europa ai secoli addietro, e sostituiti in loro vece i caratteri lunghi, aggiuntovi il lustro della carta; cose quanto belle a vederle, tanto più dannose agli occhi nella lettura; ma ben ragionevoli in un tempo nel quale i libri si stampano per vedere e non per leggere”.

E' la prima metà del 1800 quando Leopardi scrive questo pensiero nello Zibaldone, a dir la verità molto attuale. Tra la fine del '700 e l'inizio del '800 si assiste al grande successo dei libri stampati a buon prezzo anche in Italia, grazie al forte sviluppo economico (rapportato a quello dei paesi anglosassoni) che porterà alla nascita della medio-alta borghesia, capace di educare i propri figli al pari, o meglio, dei figli della nobiltà. Nel 1800, ad esempio, si ha l'edizione italiana di Robinson Crusoe, romanzo d'avventura pubblicato in Inghilterra nel 1719.

Così, anche in Italia, finalmente la nascente borghesia moderna si appresta a fare incetta di prodotti creati per lei, ed uno di questi è il libro stampato a buon prezzo. Chi ha una vasta biblioteca viene considerato colto, nobile d'animo e soprattutto alla moda. Con l'Illuminismo francese questa concezione si rafforza enormemente ed in Italia attecchisce senza troppi problemi. Vi è però un grosso limite a questa visione: molti vedono nel libro non un prodotto da utilizzare nella sua pienezza, cioè per acculturarsi e arricchirsi spiritualmente, ma una suppellettile per sembrare quello che non si è, una persona colta. Il libro diventa uno status symbol.

Oggi, nel secolo dell'informatica, dell'informatizzazione e dell'informazione il posto del libro è stato preso da altri oggetti, principalmente dagli smartphone e dai tablet. Si vendono molti smartphone e tablet, soprattutto di fascia alta, ma per cosa si utilizzano? Per telefonare e per giocare. Difficilmente oggi questi prodotti vengono utilizzati al pieno delle loro possibilità. Spesso, per non dire sempre, sono adoperati per telefonare e per mandare SMS, poco per navigare su internet e mandare email per lavoro. Tutto ciò può valere 300 o 400 euro?

In particolare questo ragionamento si può fare con i prodotti di Apple, ultracostosi e belli da vedere. Per cosa vengono utilizzati? Valgono il loro prezzo? Forse per l'1% dell'utenza, ma per gli altri? Spesso, troppo spesso, vedo persone che con il proprio iPad e iPhone al massimo giocano ad Angry Birds.

Questi prodotti non sono stati realizzati per essere utili, ma per essere visibili. E l'apparire, grazie alla visibilità, è la ragione per cui si comprano oggi smartphone e tablet, come ai tempi di Leopardi si compravano libri su libri.

Poiché tablet e smarphone hanno un tale successo, i produttori stanno facendo, e faranno, di tutto per accaparrarsi il maggior market share, cercando di venderli anche alle istituzioni scolastiche. Un mercato enorme, calcolando il numero di alunni, e del tutto vergine. Con il benestare dei genitori, contenti di avere dei figli/alunni alla moda.


Prima di partire, giusto per avere un'infarinatura di didattica e pedagogia, cominciamo dal principio. Sarà molto più semplice, in questo modo, capire il perché alcuni errori non andrebbero fatti.

Per molti il primo vero maestro di Didattica e Pedagogia fu Marco Fabio Quintiliano (I Sec d.c.), vissuto a Roma durante l'epoca imperiale. Nella sua opera principe, la Institutio oratoria (La formazione dell'oratore), Quintiliano spiega come educare l'oratore. Grande novità in quest'opera non fu tanto lo spiegare i meccanismi dell'oratoria, già conosciuti fin dalla filosofia ellenica, quanto il concetto stesso di Educazione. Per Quintiliano educare non significa solamente insegnare delle nozioni, ma formare l'intero individuo, la sua personalità. L'educazione deve trasformare prima di tutto l'individuo, lo scolaro, in un buon cittadino, anche attraverso le conoscenze. La Scuola è alla base della Comunità.
E l'oratoria è fondamentale poiché permette una comunicazione chiara tra individui. Saper comunicare permette di non cadere in incomprensioni, cosa oggi molto frequente, anche in ambito politico (“Forse i giornalisti non mi hanno capito” Cit. politico a caso). In tutto questo giocano un ruolo fondamentale i genitori, i quali devono educare il figlio, nei primi anni, alle virtù basilari, il rispetto e la moralità, lasciando al Maestro, professionista della Didattica, la possibilità di svolgere la propria funzione in tutta libertà, nel rispetto dell'individuo. Un testo modernissimo, seppure con diciannove secoli sulle spalle.

Passando quindi con un sol balzo l'evoluzione dell'Educazione e della Didattica durante l'epoca medievale e moderna, arriviamo direttamente all'epoca contemporanea, ed ai principi che questa ha portato con sé e che ancora oggi sono utilizzati nelle scuole che anche noi abbiamo frequentato e ci hanno formato. Dopo aver descritto l'opera dell'iniziatore, Quintiliano, vediamo dove sono giunti i suoi allievi duemila anni dopo, senza passare per le tappe intermedie, di cui non è necessario parlare in questa occasione.

John Dewey, importantissimo filosofo e pedagogista statunitense, scomparso nel 1952, credeva che il pensiero dell'individuo nascesse dall'esperienza diretta, manuale, soprattutto nei primi anni: “Tutta l’educazione si svolge nel senso di una progressiva partecipazione dell’individuo alla coscienza sociale della sua gente. Questo processo ha inizio, inconsapevolmente, pressoché dalla nascita e plasma di continuo le capacità dell’individuo, offre contenuti alla sua coscienza, forma le sue abitudini, esercita la sua capacità ideativa e ne desta i sentimenti” ed inoltre “poiché l'educazione è un processo sociale, la scuola è semplicemente una forma di vita comunitaria in cui si accentuano tutti i fattori particolarmente atti a rendere il fanciullo partecipe delle risorse ereditate dalla sua gente e a metterlo in grado di servirsi delle sue capacità per fini sociali. Pertanto l’educazione è essa stessa vita, e non già preparazione alla vita futura”.

A questo punto bisogna necessariamente inquadrare in tale contesto l'utilizzo dei mezzi informatici, Tablet soprattutto. Possono essere un utile, insostituibile strumento per preparare i ragazzi alla vita, per socializzare in maniera costruttiva e civile?  Oppure è un metodo molto potente per estraniarlo dalle relazioni sociali? Sempre Dewey affermava: “La vita sociale del fanciullo è il principio unificatore di tutta la sua educazione o del suo sviluppo. La vita sociale conferisce un’inconsapevole unità ed uno sfondo ad ogni suo sforzo e ad ogni sua iniziativa. Il vero centro dell’apprendimento non è nella scienza o nella letteratura, o nella storia, o nella geografia, ma nelle attività sociali del fanciullo”.

E' un grosso rischio, effettivamente, soprattutto considerando come i genitori prendono sottogamba il problema. Spesso, e questo è sotto gli occhi di tutti, i genitori comprano ai giovanissimi figli (8-12 anni) le console portatili (Nintendo DS, PSP, ecc) per tenerli buoni. Tramite questi terminali possono svolgere il proprio lavoro di genitori in modo molto più leggero. E che termine ignobile “lavoro”, in questo caso! Eppure è ciò che passa la società, fare il genitore è un lavoro, non un privilegio, e questo si ripercuote anche sul concetto di Educazione Scolastica. A scuola l'alunno, secondo i genitori, vi è portato non per imparare, non per diventare un buon cittadino, ma per permettere a mamma e papà di avere dei momenti liberi. Al diavolo “I programmi della Scuola Elementare” (D.P.R. 12 febbraio 1985, n 104), dove il primo dei tre specifici obiettivi da perseguire, attraverso lo studio della storia è “il superamento da parte del fanciullo della percezione di sé come perno e misura della realtà per avviarsi a sentire se stesso partecipe di un processo che ha radici e dimensioni che lo travalicano”. La Storia è inutile. Al diavolo le “Indicazioni per il curricolo, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione” (2007) dove viene rafforzato questo pensiero affermando, forse in maniera eccessivamente pragmatica, che “nei tempi più recenti il passato ed in particolare i temi della memoria, dell’identità e delle radici hanno fortemente caratterizzato il discorso pubblico e dei media sulla storia. In tal contesto, la padronanza degli strumenti critici permette di evitare che la storia venga usata strumentalmente ed in modo improprio. […]Per tale motivo, è opportuno sottolineare come proprio la storia offra una base solida per ragionare sulle diversità dei gruppi umani che hanno popolato il pianeta, a partire dall’unità del genere umano”.

La Storia, così come le altre materie umanistiche, sono insegnamenti secondari. Quello che conta sono le materie scientifiche, perché è attraverso queste che si produce ricchezza. I genitori vogliono un figlio di successo. Ed è anche per questo che i Tablet e gli Smartphone stanno riscuotendo tanta popolarità. Si pensa che attraverso l'utilizzo di particolari mezzi l'individuo, per grazia divina, possa crescere migliore: “i termini tecnologia e media nel loro uso corrente generano un atteggiamento di diffidenza. Possiamo fare diverse ipotesi sul perché di ciò. A nostro parere, nell’accezione più comune, si ritiene che agiscano come strumenti e apparati di massa e che da essi giungano messaggi di conformismo e appiattimento. Tecnologie e media, negli usi specialistici, generano invece un atteggiamento positivo. Stessa sorte non tocca al libro che pure è un medium. Ciò per molte ragioni, non ultima il fatto che l’uomo ha avuto più tempo per incorporare gli strumenti tipografici e quindi sentirli interni al suo agire, rispetto al tempo avuto per incorporare il computer, che di conseguenza, sente ancora come apparato esterno. In questo percorso, la televisione starebbe a metà strada” (Roberto Maragliano, "Manuale di didattica multimediale").

 

montessori

Maria Montessori in una classe. Fu lei ad introdurre le sedie e i banchi a misura di bambino.

 

L'utilizzo dei Tablet a scuola, secondo docenti e genitori, permetterebbe agli alunni di gestire meglio la propria crescita, al pari di piccoli manager, contrariamente a quanto accade in casa. Ma cosa c'è di diverso, se la stragrande maggioranza di docenti e genitori non sono in grado di controllare quanto gli alunni/figli stanno facendo con quel terminale? Maria Montessori, spesso troppo dimenticata, parlava di una scuola a misura di alunno: "La cultura è assorbita dal bambino attraverso esperienze individuali in un ambiente ricco di occasioni di scoperta e di lavoro". Può un Tablet essere realmente utile ad un bambino di 10 anni? Oppure lo aiuterebbe solamente a rincoglionirsi? Oggi vedo bambini essere più bravi di me nei videogiochi, ma fanno fatica a sapere qual è la destra e la sinistra.

Joe Mohen, CEO di Election.com e membro del Partito Democratico statunitense, in un breve articolo scrive: “The American education system should be benefiting enormously from the e-book revolution, but it isn't. […] I was saddened to watch my young son and his friends using those devices for games and other apps instead of reading”.

Questo uso dei mezzi tecnologici, come il Tablet, e la possibilità di trovare informazioni su tutto nell'arco di poco tempo, porta ad una disincentivizzazione cognitiva: “le tecnologie invogliano all'uso, favorendo pratiche immediate del tipo -prova e vedi cosa succede- ed esercitando in certi casi un ruolo disincentivante (si pensi all'uso delle macchinette calcolatrici verso l'abilità di calcolo)”. Ormai non si insegnano più le poesie a memoria, e quasi altrettanto raro è trovare un ragazzo che conosca le formule per trovare l'area e il volume delle figure geometriche anche più semplici. Questo quando ancora si sta utilizzando il metodo didattico tradizionale. Cosa potrebbe accadere in futuro, se il Sistema Educativo non fosse in salute?

 


Il sistema educativo italiano è in crisi, inutile girarci intorno, soprattutto a causa delle errate politiche di rinnovamento appoggiate congiuntamente da governi e sindacati. Attualmente l'età media degli insegnanti è la più elevata d'Europa (Key Data on Education in Europe 2012). Gli ultra cinquantenni sono quasi il 60% dell'intero corpo docente. Questa situazione non potrà migliorare in futuro, ed anzi è destinata a peggiorare. Chi è precario, e lo è da 20 o 30 anni, sarà assunto a tempo indeterminato, precludendo così alle giovani leve di far valere la propria freschezza culturale in un momento in cui ve ne sarebbe bisogno, considerate le riforme che si vogliono far diventare operative.

Tornando alla proposta di dotare le scuole Medie Inferiori e Medie Superiori di Tablet, questi saranno gestiti da persone che hanno cominciato a studiare su una macchina da scrivere. Potranno essere in grado di sfruttarli a dovere? La mia risposta è no.

Nel novembre del 2011 sono stato al Convegno Internazionale Erickson, dedicato alla didattica e all'editoria scolastica. Ho seguito alcuni Workshop, tra cui quello dedicato all'utilizzo delle LIM (Lavagne Interattive Multimediali), dove sono stati presentati alcuni libri sull'argomento. La qualità era imbarazzante, non tanto per quanto si trattava, quanto perché i temi trattati erano vecchi di una decina d'anni. Università e Centri di Ricerca stranieri (statunitensi, tedeschi, scandinavi) avevano trattato quei temi molti anni prima. Alla mia domanda se avessero mai sentito parlare dell'Eminent o di altri convegni internazionali mi risposero di no. Ho tristemente constatato che in Italia si fa ricerca didattica, spesso, senza confrontarsi con quello che avviene fuori dall'Italia stessa, ma non è colpa del Governo o delle istituzioni scolastiche.

Il professore, il ricercatore, o chi scrive questi libri, pensa di poter diventare un santone, un profeta, appoggiandosi sull'ignoranza media della popolazione italiana, ignoranza a cui non è immune neppure la maggior parte degli insegnanti. L'appoggiare l'utilizzo di tecnologie informatiche in una tale situazione, a qualsiasi livello (governativo, scolastico, ecc) è pura follia se prima non si riforma la base, cioè il Sistema Educativo.

A tal proposito, presso la  Scuola Professionale Commercio, Turismo e Servizi “Luigi Einaudi” di Bolzano, nel 2006, si è svolto un esperimento relativamente al Wiki Wiki Web, ma i risultati sono stati abbastanza scadenti. Nel saggio di “Le tecnologie della didattica” di Marco Caresia si afferma quanto segue: “A conclusione dell'esperienza si rileva quanto già osservato in studi analoghi: mentre la quasi totalità degli studenti ha sfruttato la possibilità di inserire propri contenuti, nessuno ha modificato il materiale creato dagli altri gruppi. Alcuni gruppi hanno lavorato bene con ricadute positive sia sulle competenze informatiche che su quelle linguistiche. Un altro gruppo, formato da ragazzi -più forti- a livello disciplinare, ma meno motivati, ha portato a termine soltanto un terzo della consegna. [...] gli studenti non si sono presi carico dei propri obiettivi d'apprendimento, non hanno revisionato il lavoro dei compagni e la produzione è apparsa limitata ai singoli gruppi. Soprattutto, non hanno identificato mancanze nella propria conoscenza o trovato vie per rendere gli argomenti rilevanti per gli altri, e neppure si è approfittato della disponibilità dei contenuti al di fuori dei tempi e dei luoghi della scuola. L'esperienza è stata comunque significativa perché ha effettivamente portato alla verbalizzazione degli argomenti disciplinari svolti, anche da parte di quelli studenti -più timidi- e riflessivi, e ha fatto nascere discussioni sui contenuti stessi, seppur limitate ai singoli gruppi piuttosto che estere al gruppo classe”.

Ognuno ha lavorato per sé, quasi nessuno ha avuto la voglia o il coraggio di intervenire nel lavoro altrui, e questo risultato è simile a quello che si è avuto in molti altri studi simili realizzati in Italia. L'informatizzazione senza un'adeguata preparazione è prettamente inutile. Tornando a Quintiliano, la scuola deve preparare il Cittadino, e questo è fattibile anche senza l'utilizzo invasivo di terminali informatici. O, se bisogna utilizzarli, almeno che si conoscano. in conclusione, Tablet, Internet e PC sono strumenti vuoti senza una preparazione Umanistica e Scientifica equiparata. Come afferma Luciano Galliani, Docente di Pedagogia Sperimentale all'Università di Padova, “occorre dissipare alcuni fraintendimenti purtroppo diffusi: […] che l'uso dei media causi automaticamente apprendimento, mentre in realtà sono i processi, cioè i modi di utilizzare i media a determinare i risultati dell'apprendimento; […] che un medium sia superiore ad un altro (quasi sempre il nuovo tecnologicamente rispetto al vecchio), mentre in realtà sono le modalità di strutturazione del programma e di interazione con l'allievo a causare una diversa qualità dell'istruzione”. Luigi Guerra, Direttore del Dipartimento di Scienze Dell’Educazione dell'Università di Bologna, completa il quadro: "è banale riscontrare che sul piano tecnico un’applicazione come, per esempio, Power Point, è sicuramente più avanzata come strumento/strategia di presentazione di un messaggio di quanto siano le strumentazioni che lo hanno preceduto: la lavagna luminosa, quella a fogli di carta, a pannello di plastica, a lastre d’ardesia e via retrocedendo fino alle superfici di pietra incise dai geroglifici egiziani. Sul piano tecnologico l’esito del confronto non è altrettanto scontato: forse è più avanzato invitare alla lavagna uno studente (o, meglio, un gruppo di studenti) a produrre autonomamente con il gesso. In altre parole, restando dentro all’esempio, l’innovazione tecnica, se non mette in discussione, bensì rinforza e rende incontestabile la tradizionale modalità trasmissiva del fare educazione, presenta ben poco in termini di novità pedagogica sostanziale. Il rischio, gattopardesco, è che la rutilanza del “nuovo” copra e giustifichi il permanere di un “vecchio” che altrimenti verrebbe giustamente spazzato via. E questa non può essere spacciata come innovazione tecnologica". In altre parole, è inutile immettere nuove tecnologie nella Didattica, se poi verranno utilizzate come quelle tradizionali.

Si torna, a questo punto, dove era cominciato questo paragrafo: ha senso digitalizzare la scuola italiana se il corpo docente, non per demeriti propri, non è in grado di supportare tale novità? 

 


In Europa, studi  sull'utilizzo dei mezzi informatici nella scuola sono realizzati da molti anni. Fiore all'occhiello dell'Unione Europea, a riguardo, è  l'Eminent, una conferenza organizzata dalla European Schoolnet (Organizzazione fondata e mantenuta da 31 Ministeri dell'Istruzione di paesi europei, tra cui Italia, Olanda, Germania e Francia), che ha quali proponimenti principali l'innovare i sistemi educativi grazie all'utilizzo di strumenti multimediali, e il cercare di rendere comuni a tutti i paesi membri le innovazioni e le ricerche effettuate in ambito didattico. Si legge, infatti, nella brochure di presentazione dell'European Schoolnet: “we provide a unique space for collaborative teaching and learning for any teacher or school in Europe. We thus also act as a forum for teachers to share practices and experience at grassroots level, as part of a pan-European community of teachers”.

 

 

L' European Schoolnet, per venire incontro alle esigenze degli insegnanti, ha creato due manuali, frutto di molte ricerche sul campo, soprattutto nell'utilizzo dei videogiochi. Il primo è uno studio intitolato “How are digital games used in schools?”,  effettuato tra la primavera del 2008 e la primavera del 2009 in alcune scuole primarie di otto paesi: Austria, Danimarca, Francia, Italia, Lituania, Olanda, Regno Unito e Spagna. Nell'introduzione si legge che “the study extended over several months, without any preconceptions for, or against, the use of electronic games as teaching tools potentially usable in the classroom” e che “this was the first study covering several European countries, priority was given to collecting as much information as possible about the experiments now going on. For this reason, the term ‘electronic games’ had taken in a broad sense, covering video games and on-line games, games that run on consoles, computers, or mobile phones, whether they be adventure games, role plays, strategy games, simulations, racing games or puzzle”.

I programmi e i videogiochi utilizzati sono stati scelti in maniera indipendente dagli insegnanti, grazie anche alla collaborazione di alcuni esperti messi a loro disposizione, e per supportare questo progetto è stato creato un forum apposito, tramite il quale scambiarsi opinioni, suggerimenti e consigli. Il progetto è stato un successo completo, tanto che anche i genitori, dopo un primo periodo di riluttanza, hanno cominciato ad interessarsi dei videogiochi utilizzati dai figli. Proprio questi ultimi, infatti, sono cresciuti notevolmente nella produttività e nel lavoro di gruppo: “During and/or after the use of a game, the pupils show real enthusiasm for writing texts, diaries, or editorial content for a website, or for making drawings and/or photographs, etc”.

Interessante, ad esempio, l'utilizzo del gioco The Sims 2 da parte della scuola di Højby (Primary and Lower Secondary level) in Danimarca. The Sims 2 rende possibile il creare un nucleo familiare e decidere la vita dei membri di questo nucleo. Che lavoro devono fare, con chi si devono sposare e fidanzare, come devono arredare la casa, quali sono i loro hobby, ecc. I bambini della scuola, creato il proprio nucleo familiare, dovevano descrivere il proprio personaggio preferito, caratterizzarlo e alla fine scrivere il romanzo/copione della sua vita. Questo ha fatto sì che i bambini imparassero a utilizzare in maniera più creativa il proprio linguaggio, a migliorare la prosa e a sfruttare al massimo la propria immaginazione per un lavoro scolastico.

Il più grande successo di questa iniziativa, comunque, ha riguardato gli insegnanti: “Whether or not they use digital games in their teaching, the teachers surveyed expressed a real interest in the potential: 80% want to know more. Almost the same percentage of teachers already using games say they are interested in making greater use of them. Some 50% of the teachers who have not yet used them say they would be interested in testing them”.

Tramite un lavoro organico, realizzato in collaborazione con esperti esterni capaci, hanno visto crescere la propria padronanza nell'utilizzo degli strumenti multimediali, ma soprattutto hanno spinto gli studenti ad utilizzare in maniera critica i terminali informatici. Per scrivere le proprie relazioni, ad esempio, hanno dovuto utilizzare Power Point e/o Word, e questo ha permesso loro di conoscere tali strumenti decisamente più in profondità che non attraverso il conseguimento dell'ECDL (European Computer Driving Licence), certificazione o patente tra le più inutili attualmente conseguibili, seppure molto richiesta.

Questo studio ha in seguito permesso la realizzazione di un vero e proprio manuale, intitolato “Digital games in schools: A handbook for teachers”, e pubblicato nel 2009. Questo manuale è nato per dare all'insegnante le linee guida per un utilizzo proficuo dei videogiochi in ambito didattico, così da evitare che possa utilizzare strumenti o videogiochi poco adatti allo scopo.  In ambito europeo è ormai assodato che l'utilizzo degli strumenti multimediali in ambito scolastico è un argomento tutt'altro che semplice, contrariamente a quello che si vuol far credere, ma non in Italia. Il fatto che questo manuale sia stato tradotto solo in Inglese, Francese e Spagnolo, ma non in Italiano, dovrebbe far capire quanto nel nostro paese tale argomento sia stato approfonditamente trattato. Ma un'idea credo di avervela data parlando di quel che ho trovato al Convegno Erickson del 2011. 


Veniamo finalmente a descrivere l'utilizzo dei Tablet e PC nelle scuole, e per far questo dovremo partire dalle esperienze passate, le quali hanno avuto luogo principalmente nei paesi anglosassoni.

Lo scorso anno la Cathedral High School, a St. Cloud, Minnesota, ha dotato gli studenti del settimo e ottavo anno di 270 Mac BookAir: “Cathedral is leasing 270 computers on three-year leases from Apple. Each machine costs the school district about $1,000, and the money came from the school’s general fund. Planning for the program began last year and centered on who would use them, not just on the tools. The remaining 35 machines were given to teachers who would decide the best way to use them”. Un investimento decisamente oneroso, e di cui vedremo i risultati solo tra un paio di anni, verosimilmente. Chi ha già effettuato simili investimenti si è però pentito.

E' il caso della Pace University di New York, la quale aveva tentato di sostituire i terminali classici (notebook e desktop) con gli iPad 2 di Apple, così da fornire agli studenti un mezzo efficiente per continuare il lavoro a casa. Il progetto è fallito clamorosamente, secondo quanto riportato sulla testata PcPro.

La principale causa del fallimento è legata all'analfabetismo informatico degli insegnanti, ancorati ad un utilizzo di certi programmi, in particolare della suite Office di Microsoft, non presente su iPad. Questo ha determinato la necessità di utilizzare Office in remoto, ed è stato disastroso: “Some staff are needing to produce documents and resources by remoting in [to a PC] on an iPad. Trying to operate Microsoft Word using a remote app that dumps you out of the connection is a nightmare”. L’impossibilità di collegare una semplice pennina USB, inoltre, non ha permesso di utilizzare documenti creati su altri terminali: “One of the biggest problems is the storage, since you can’t connect USB memory sticks to it”.

La scuola in questione, inoltre, ha scelto di acquistare la Apple TV per la proiezione delle slide e dei documenti, una soluzione costosa e non molto razionale: “The school, somewhat bizarrely, also supplied teachers with Apple TVs to allow them to project their iPad display in the classroom, which seems more than a little extravagant. A simple £25 Apple VGA connector would surely have been a far cheaper and more efficient means of achieving that goal”.

Alla fine la Pace University ha deciso di abbandonare l'utilizzo degli iPad in quanto non aggiungevano nulla alla didattica vera e propria, per tornare all'utilizzo dei classici PC Desktop e Notebook, decisamente più utili e polivalenti, e alla classica penna.

 

L'arrivo degli iPad alla Pace University


La Gibbon Fairfax Winthrop High School ha realizzato un progetto simile, nel 2011, e ad oggi sembra stia proseguendo meglio, secondo quanto riporta il preside Jeff Bertang alla testata New Ulm Journal: “[iPad] improved research ability, enabled students to be more organized and simplified finding data”. Restano comunque delle ombre, soprattutto riguardo i costi. Se uno studente danneggia lo schermo dell'iPad deve sborsare 100 dollari per ripararlo, se smarrisce il carica batteria ne deve sborsare 25, se perde il tablet la quota sale a 500 dollari. Inoltre, come affermano alcuni studiosi americani, un anno di utilizzo è ben poca cosa per legittimare o meno l'utilizzo dei tablet a scuola. Per sapere se saranno stati utili o meno servirà attendere almeno un lustro. Un progetto identico a quello in essere alla Gibbon è presente anche nelle seguenti scuole: Lakeville, Farmington, Little Falls, Heritage e MACCRAY.

In Russia si è andati oltre. Nelle scuole russe il tablet non è scelto tra le varie aziende commerciali, ma viene comprato da un oligarca russo, tale Alexander Evgenievich Shustorovich.
Shustorovich vuole portare la Russia nel terzo millennio digitalizzando la scuola, attraverso un ecosistema in grado di controllare tutta la vita degli allievi: dove sono, cosa stanno facendo, cosa pensano, quali sono le loro attività. Grazie ad un Tablet che porteranno sempre con loro.

Il progetto si chiama “elektronnij obrazovatelnij komplex”, o E-OK, e tradotto significa “sistema didattico informatico”, e consiste in un Tablet dal SO chiuso in cui verranno installate solo le applicazioni realmente utili alla didattica. Tutto verrà realizzato tramite questo Tablet, perennemente connesso tramite rete 3G o, in futuro, 4G: compiti a casa (quando e come sono stati fatti), verifiche, cosa ha ordinato il ragazzo in mensa, cosa legge, quali sono i suoi interessi, e via di questo passo. Il genitore, inoltre, potrà sempre sapere dove si trova durante l'orario scolastico grazie al GPS/Glonass integrato.

Un progetto alla 1984: “6C's teacher, Irene Razuvaeva, introduces Sergei, father to Anastasia, one of her students. The device enables parents to monitor all of their child's in-class activities, from test scores to pages or videos viewed. "You have control," says Sergei, through a translator”.

I genitori, ma soprattutto lo Stato, avranno il controllo totale sulla vita dello Studente.

In Europa, almeno per il momento, non si è giunti a tali livelli. L'utilizzo dei tablet nelle scuole è ancora limitato, ma soprattutto si cerca un metodo di utilizzo non invasivo. Non come quello statunitense, ma soprattutto non come quello russo. Fortunatamente la nostra storia filosofica e storica, nell'ambito sociale e civile, ci permette ancora di fermarci arrivati ad un certo limite.

Resta comunque da comprendere appieno come un Tablet debba essere utilizzato. Alcuni studi hanno affrontato l'argomento, ed hanno posto delle domande.

Può un utilizzo prolungato di tali terminali danneggiare la vista degli studenti? Leggere su uno schermo LCD è faticoso e stancante, molto più che su la classica carta. Si possono utilizzare schermi E-INK, ma si perde la possibilità di utilizzare caratteristiche avanzate come la visione di video.

Un libro è decisamente più facile da maneggiare. Se cade, pazienza. Si può sottolineare, ci si possono prendere appunti a margine, si possono piegare le orecchie delle pagine per segnare punti interessanti, ecc. Con il Tablet il tutto è molto più faticoso.

In ultimo, parlando dell'editoria, per ora si è assistito alla conversione 1:1 dei libri di testo dal cartaceo al multimediale. Niente funzioni aggiuntive, niente hyperlink, niente aggiunte multimediali (video, musiche, ecc). Ha senso utilizzare un Tablet solamente per avere un testo in PDF invece che su cartaceo? Il problema, infatti, non si risolverebbe. Ogni anno le case editrici modificherebbero il testo, e lo studente dovrebbe comprarne uno nuovo, allo stesso costo del cartaceo. In conclusione si salverebbe qualche albero, ma il costo per studente e genitori rimarrebbe invariato.

 


Alla fine di tutto questo discorso, vediamo di trarne le dovute conclusioni. Prima di tutto è d'obbligo andare a leggere quanto è scritto nel  DM n.209 del 26 marzo 2013 - libri digitali, nel quale si descrive l'evoluzione da Scuola Tradizionale a Scuola Digitale.
Se i prezzi di copertina dei libri, definiti per l’anno scolastico 2013/2014, restano confermati anche per il 2014/2015, si riducono i tetti di spesa entro cui il Collegio dei docenti deve mantenere il costo complessivo dei testi adottati. La riduzione, rispetto ai limiti stabiliti per l’anno scolastico 2013/2014, è del 20%. Ma nel caso in cui l’intera dotazione libraria sia composta esclusivamente da libri in versione digitale la sforbiciata è più consistente, con una riduzione che arriva fino al 30%”.


Cosa c'è che non va in tutto questo? Il fatto che non si utilizzeranno i Tablet, o i supporti digitali in genere, come strumenti per migliorare la didattica,  ma li si utilizzeranno semplicemente come sostituti della carta.
Può questo, a fronte dei costi per l'aggiornamento dei materiali e del personale (acquisto dei Tablet, corsi di aggiornamento, assicurazione contro danneggiamento del materiale, obsolescenza del materiale stesso, ecc), migliorare effettivamente la qualità didattica della scuola italiana?
La nota conclusiva del testo è a tal proposito deprimente: “Grazie a questi provvedimenti gli studenti avranno la possibilità di utilizzare anche a scuola, e per obiettivi didattici, strumenti che già utilizzano diffusamente a casa, migliorando il livello delle competenze digitali dell’intera popolazione italiana”.

Come possono gli studenti migliorare le proprie competenze digitali se lo stesso corpo docente, lo ripeto ancora una volta, non ha le competenze per utilizzare appieno tali strumenti? Realizzare una presentazione di PowerPoint, o un testo in Word, non è possedere delle competenze, se queste si applicano ad un ambiente chiuso. Non più dello scrivere una ricerca su foglio. La fonte, probabilmente sarebbe sempre la medesima, Wikipedia.

Come è emerso dagli studi dell'European Schoolnet, prima di tutto bisogna formare il corpo docente per creare una categoria di professionisti in grado di trarre il meglio dall'utilizzo del materiale multimediale in associazione alla didattica tradizionale, così da migliorare la ricettività degli alunni. A tal proposito, per concludere, mi sovviene quanto mi raccontò una Preside di una scuola Media.
Questa Preside era appassionata di PowerPoint e decise di trascrivere alcune fiabe con tale strumento, così che gli studenti potessero apprezzarle di più. Quando ebbe finito di leggere, in maniera del tutto apatica, una di queste favole attraverso le slide sulla LIM, si accorse che la classe era del tutto distaccata. Nessuno si era minimamente interessato alla narrazione della Preside. Al che concluse: “Non capisco perché non gli fosse piaciuta. I ragazzi sono appassionati di informatica, avrebbero dovuto apprezzare”. Il problema, a mio avviso, è proprio questo. Si pensa che una LIM o un Tablet possano risolvere la crisi che attanaglia la nostra Scuola, fino ad una decina di anni fa probabilmente la più invidiata d'Europa (parlo delle scuole Elementari e Medie), ma non è così.

Ci sarebbero altre tematiche di cui parlare, tra cui la tipologia di materiale da comprare, se Open Source o Closed, se Italiano o straniero, ma per queste servirebbero altri articoli. Per il momento mi limito ad affermare che senza un corpo docente preparato la digitalizzazione è del tutto inutile, oltre che costosa.