Pagine

Prima di partire, giusto per avere un'infarinatura di didattica e pedagogia, cominciamo dal principio. Sarà molto più semplice, in questo modo, capire il perché alcuni errori non andrebbero fatti.

Per molti il primo vero maestro di Didattica e Pedagogia fu Marco Fabio Quintiliano (I Sec d.c.), vissuto a Roma durante l'epoca imperiale. Nella sua opera principe, la Institutio oratoria (La formazione dell'oratore), Quintiliano spiega come educare l'oratore. Grande novità in quest'opera non fu tanto lo spiegare i meccanismi dell'oratoria, già conosciuti fin dalla filosofia ellenica, quanto il concetto stesso di Educazione. Per Quintiliano educare non significa solamente insegnare delle nozioni, ma formare l'intero individuo, la sua personalità. L'educazione deve trasformare prima di tutto l'individuo, lo scolaro, in un buon cittadino, anche attraverso le conoscenze. La Scuola è alla base della Comunità.
E l'oratoria è fondamentale poiché permette una comunicazione chiara tra individui. Saper comunicare permette di non cadere in incomprensioni, cosa oggi molto frequente, anche in ambito politico (“Forse i giornalisti non mi hanno capito” Cit. politico a caso). In tutto questo giocano un ruolo fondamentale i genitori, i quali devono educare il figlio, nei primi anni, alle virtù basilari, il rispetto e la moralità, lasciando al Maestro, professionista della Didattica, la possibilità di svolgere la propria funzione in tutta libertà, nel rispetto dell'individuo. Un testo modernissimo, seppure con diciannove secoli sulle spalle.

Passando quindi con un sol balzo l'evoluzione dell'Educazione e della Didattica durante l'epoca medievale e moderna, arriviamo direttamente all'epoca contemporanea, ed ai principi che questa ha portato con sé e che ancora oggi sono utilizzati nelle scuole che anche noi abbiamo frequentato e ci hanno formato. Dopo aver descritto l'opera dell'iniziatore, Quintiliano, vediamo dove sono giunti i suoi allievi duemila anni dopo, senza passare per le tappe intermedie, di cui non è necessario parlare in questa occasione.

John Dewey, importantissimo filosofo e pedagogista statunitense, scomparso nel 1952, credeva che il pensiero dell'individuo nascesse dall'esperienza diretta, manuale, soprattutto nei primi anni: “Tutta l’educazione si svolge nel senso di una progressiva partecipazione dell’individuo alla coscienza sociale della sua gente. Questo processo ha inizio, inconsapevolmente, pressoché dalla nascita e plasma di continuo le capacità dell’individuo, offre contenuti alla sua coscienza, forma le sue abitudini, esercita la sua capacità ideativa e ne desta i sentimenti” ed inoltre “poiché l'educazione è un processo sociale, la scuola è semplicemente una forma di vita comunitaria in cui si accentuano tutti i fattori particolarmente atti a rendere il fanciullo partecipe delle risorse ereditate dalla sua gente e a metterlo in grado di servirsi delle sue capacità per fini sociali. Pertanto l’educazione è essa stessa vita, e non già preparazione alla vita futura”.

A questo punto bisogna necessariamente inquadrare in tale contesto l'utilizzo dei mezzi informatici, Tablet soprattutto. Possono essere un utile, insostituibile strumento per preparare i ragazzi alla vita, per socializzare in maniera costruttiva e civile?  Oppure è un metodo molto potente per estraniarlo dalle relazioni sociali? Sempre Dewey affermava: “La vita sociale del fanciullo è il principio unificatore di tutta la sua educazione o del suo sviluppo. La vita sociale conferisce un’inconsapevole unità ed uno sfondo ad ogni suo sforzo e ad ogni sua iniziativa. Il vero centro dell’apprendimento non è nella scienza o nella letteratura, o nella storia, o nella geografia, ma nelle attività sociali del fanciullo”.

E' un grosso rischio, effettivamente, soprattutto considerando come i genitori prendono sottogamba il problema. Spesso, e questo è sotto gli occhi di tutti, i genitori comprano ai giovanissimi figli (8-12 anni) le console portatili (Nintendo DS, PSP, ecc) per tenerli buoni. Tramite questi terminali possono svolgere il proprio lavoro di genitori in modo molto più leggero. E che termine ignobile “lavoro”, in questo caso! Eppure è ciò che passa la società, fare il genitore è un lavoro, non un privilegio, e questo si ripercuote anche sul concetto di Educazione Scolastica. A scuola l'alunno, secondo i genitori, vi è portato non per imparare, non per diventare un buon cittadino, ma per permettere a mamma e papà di avere dei momenti liberi. Al diavolo “I programmi della Scuola Elementare” (D.P.R. 12 febbraio 1985, n 104), dove il primo dei tre specifici obiettivi da perseguire, attraverso lo studio della storia è “il superamento da parte del fanciullo della percezione di sé come perno e misura della realtà per avviarsi a sentire se stesso partecipe di un processo che ha radici e dimensioni che lo travalicano”. La Storia è inutile. Al diavolo le “Indicazioni per il curricolo, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione” (2007) dove viene rafforzato questo pensiero affermando, forse in maniera eccessivamente pragmatica, che “nei tempi più recenti il passato ed in particolare i temi della memoria, dell’identità e delle radici hanno fortemente caratterizzato il discorso pubblico e dei media sulla storia. In tal contesto, la padronanza degli strumenti critici permette di evitare che la storia venga usata strumentalmente ed in modo improprio. […]Per tale motivo, è opportuno sottolineare come proprio la storia offra una base solida per ragionare sulle diversità dei gruppi umani che hanno popolato il pianeta, a partire dall’unità del genere umano”.

La Storia, così come le altre materie umanistiche, sono insegnamenti secondari. Quello che conta sono le materie scientifiche, perché è attraverso queste che si produce ricchezza. I genitori vogliono un figlio di successo. Ed è anche per questo che i Tablet e gli Smartphone stanno riscuotendo tanta popolarità. Si pensa che attraverso l'utilizzo di particolari mezzi l'individuo, per grazia divina, possa crescere migliore: “i termini tecnologia e media nel loro uso corrente generano un atteggiamento di diffidenza. Possiamo fare diverse ipotesi sul perché di ciò. A nostro parere, nell’accezione più comune, si ritiene che agiscano come strumenti e apparati di massa e che da essi giungano messaggi di conformismo e appiattimento. Tecnologie e media, negli usi specialistici, generano invece un atteggiamento positivo. Stessa sorte non tocca al libro che pure è un medium. Ciò per molte ragioni, non ultima il fatto che l’uomo ha avuto più tempo per incorporare gli strumenti tipografici e quindi sentirli interni al suo agire, rispetto al tempo avuto per incorporare il computer, che di conseguenza, sente ancora come apparato esterno. In questo percorso, la televisione starebbe a metà strada” (Roberto Maragliano, "Manuale di didattica multimediale").

 

montessori

Maria Montessori in una classe. Fu lei ad introdurre le sedie e i banchi a misura di bambino.

 

L'utilizzo dei Tablet a scuola, secondo docenti e genitori, permetterebbe agli alunni di gestire meglio la propria crescita, al pari di piccoli manager, contrariamente a quanto accade in casa. Ma cosa c'è di diverso, se la stragrande maggioranza di docenti e genitori non sono in grado di controllare quanto gli alunni/figli stanno facendo con quel terminale? Maria Montessori, spesso troppo dimenticata, parlava di una scuola a misura di alunno: "La cultura è assorbita dal bambino attraverso esperienze individuali in un ambiente ricco di occasioni di scoperta e di lavoro". Può un Tablet essere realmente utile ad un bambino di 10 anni? Oppure lo aiuterebbe solamente a rincoglionirsi? Oggi vedo bambini essere più bravi di me nei videogiochi, ma fanno fatica a sapere qual è la destra e la sinistra.

Joe Mohen, CEO di Election.com e membro del Partito Democratico statunitense, in un breve articolo scrive: “The American education system should be benefiting enormously from the e-book revolution, but it isn't. […] I was saddened to watch my young son and his friends using those devices for games and other apps instead of reading”.

Questo uso dei mezzi tecnologici, come il Tablet, e la possibilità di trovare informazioni su tutto nell'arco di poco tempo, porta ad una disincentivizzazione cognitiva: “le tecnologie invogliano all'uso, favorendo pratiche immediate del tipo -prova e vedi cosa succede- ed esercitando in certi casi un ruolo disincentivante (si pensi all'uso delle macchinette calcolatrici verso l'abilità di calcolo)”. Ormai non si insegnano più le poesie a memoria, e quasi altrettanto raro è trovare un ragazzo che conosca le formule per trovare l'area e il volume delle figure geometriche anche più semplici. Questo quando ancora si sta utilizzando il metodo didattico tradizionale. Cosa potrebbe accadere in futuro, se il Sistema Educativo non fosse in salute?