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Precedentemente si è detto che i videogiochi potrebbero essere utili ad un utilizzo didattico, ma non abbiamo ancora spiegato come. 

Un primo spunto ce lo da il PEGI sul suo stesso sito.

I videogiochi possono essere usati per migliorare le abilità motorie e spaziali di precisione nei bambini più piccoli e possono risultare benefici per i bambini affetti da disabilità fisiche.

Sono state effettuate ricerche su quali abilità apprendono i bambini giocando. Queste ricerche si incentrano su abilità quali attenzione visiva, tempo di reazione, sviluppo di capacità cognitive quali la percezione spaziale o il pensiero strategico, la pianificazione e l’analisi delle ipotesi (Durkin e Barber, 2002). I giocatori devono elaborare rapidamente le informazioni e pensare in fretta per riuscire, il che potrebbe determinare vantaggi nella vita reale (Taylor, 2006). Vi sono prove nelle popolazioni adulte che le abilità di percezione visiva vengano migliorate dall’uso prolungato di videogiochi d’azione (Green e Bavelier, 2003, 2006). I videogiochi potrebbero essere usati nei bambini per migliorare la flessibilità (capacità di passare da un compito a un altro) e l’inibizione comportamentale (capacità di impedire a sé stessi di fare qualcosa di inappropriato). Ciò avrebbe un effetto significativo sulla loro capacità di regolare i propri pensieri e il proprio comportamento, che è una delle sfide caratteristiche dello sviluppo infantile e potrebbe avere un effetto molto benefico sui bambini. Vi sono altri possibili vantaggi dei videogiochi in quanto essi offrono la possibilità di aprire l'immaginazione ed esplorare altri mondi, superare paure e sviluppare un senso di identità (Jones, 2002). Vi sono molti possibili settori in cui i giochi potrebbero esercitare un notevole effetto positivo sulla salute mentale e fisica dei bambini e sulla loro educazione” (Byron Dott.ssa Tania, Safer Children in a digital world, The report of the Byron Review – Children and New Technology, 2008, pagg. 154-156).

Analizzando approfonditamente uno ad uno i punti citati dalla Dott.ssa Byron si possono comprendere pienamente i vantaggi derivanti da un insegnamento coadiuvato da strumenti videoludici.

Partiamo dalla prima affermazione:  “Sono state effettuate ricerche su quali abilità apprendono i bambini giocando. Queste ricerche si incentrano su abilità quali attenzione visiva, tempo di reazione, sviluppo di capacità cognitive quali la percezione spaziale o il pensiero strategico, la pianificazione e l’analisi delle ipotesi”.
Di queste abilità, se il lettore avrà fatto caso, abbiamo parlato nei primi due capitoli più che abbondantemente, e per questo, qui, ne farò solo un breve riassunto.
L'attenzione visiva e il tempo di reazione è fondamentale nei videogiochi,  soprattutto negli sparatutto in prima persona, ove l'abilità del giocatore risiede nell'eliminare il più velocemente possibile l'avversario subendo una quantità nulla o ridotta di danni, tenendo sotto controllo un ampio campo visivo. Queste caratteristiche possono rivelarsi molto utili in ambiti di ricerca, ad esempio nella ricerca medica, con l'utilizzo di strumenti quali microscopi, osservando nella loro interezza reazioni biologiche o chimiche, annotandole e notandole subitamente. Lo sviluppo delle percezioni spaziali possono rivelarsi utili, non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche in campo educativo o lavorativo. In una partita di calcio, facendo i lanci lunghi, oppure nella costruzione di un palazzo, o ancora nell'attraversare una strada con auto in avvicinamento.


Il pensiero strategico, l'analisi delle ipotesi e la pianificazione, grazie agli strategici, ma anche agli sparatutto tattici in prima persona, può rendere la persona più decisa e sicura nel prendere decisioni, più rapida nel crearsi occasioni. Questo allenamento, che hanno reso gli Scacchi tanto rinomati, i videogiochi possono farlo decisamente meglio.

I giocatori devono elaborare rapidamente le informazioni e pensare in fretta per riuscire, il che potrebbe determinare vantaggi nella vita reale”, e non c'è nulla di più vero. Attenzione però a non cadere nella trappola di pensare che i videogiochi siano la manna caduta dal cielo perché, come per ogni cosa, esistono delle controindicazioni. All'azione dei videogiochi deve corrispondere un'azione nella vita reale. Un bambino non può solo studiare sui libri, così come non può solamente videogiocare. La vita sociale è il luogo fondamentale dell'educazione di un bambino o adolescente. La Dott.ssa Byron, nel suo rapporto Children and New Technology (2008), ci informa anche dei rischi che un uso eccessivo di questi nuovi supporti può provocare:

  • i genitori tendono a proteggere i loro figli dal mondo esterno, facendoli videogiocare perché considerato meno pericoloso. Questo può portare a non conoscere realmente i fattori di rischio esterni da parte del bambino, una volta cresciuto;
  • i bambini devono assumersi la responsabilità delle proprie azioni, anche se queste possono essere rischiose, affinché si completi il processo di pieno sviluppo del potenziale personale;
  • inoltre, il voler proteggere i bambini dai pericoli esterni (possibilità di cadute, rotture, ferite, ecc.) potrebbe loro aprire le porte di nuovi problemi, quale la  pedofilia online, ad esempio.

A tal proposito è necessario che anche gli adulti, soprattutto se genitori, si interessino del mondo dei videogame, non solo per proteggere i propri figli e conoscere quello che questi amano, ma anche perché potrebbero trarne giovamento, come è scritto nel passaggio “Vi sono prove nelle popolazioni adulte che le abilità di percezione visiva vengano migliorate dall’uso prolungato di videogiochi d’azione”.


Per videogiochi d'azione si intendono principalmente sparatutto in prima persona ed action 3D, giochi che dubito possano piacere a chi non ha mai videogiocato. Vi sono però altri giochi che ultimamente, almeno dall'uscita della console portatile Nintendo DS, hanno raggiunto un notevole grado di popolarità presso i casual gamers o, detto in italiano, coloro che giocano saltuariamente e/o non hanno mai toccato prima un videogame nell'arco della loro vita.

A tal proposito va citato un best seller del genere, Dr. Kawashima's Brain Training, meglio conosciuto semplicemente come Brain Training. Questo videogioco uscì per Nintendo DS nel maggio 2005 (2006 in Europa) e fu sviluppato sotto la supervisione del Dott. Ryuta Kawashima, considerato in Giappone il maggior ricercatore ed esperto del cervello umano.

Il gioco non ha una trama ma è composto da una serie molto numerosa di sottogiochi di tipo aritmetico, mnemonico e logico. Esempi di esercizi sono il calcolo del 20  (una serie di 20 operazioni da eseguire nel minor tempo possibile) o la memoria lampo (ci sono una serie di caselle con dei numeri dentro, che il giocatore vede per un secondo. Il giocatore dovrà poi premere queste caselle nell'ordine numerico crescente). Il gioco ha venduto così tanto che poco dopo (dicembre 2005 in Giappone, 2007 in Europa) uscì il seguito More Brain Training from Dr. Kawashima: How Old Is Your Brain?,  che aggiunse una simpatica funzione. Salvando il proprio profilo si può, di giorno in giorno, vedere se la propria reattività nel risolvere gli enigmi migliora o meno. Ad ogni risultato corrisponde poi l'età teorica cerebrale.

Questi due videogiochi hanno venduto più di 17 milioni di copie e sono giocati da persone che mai, almeno personalmente, avrei mai detto potessero un giorno videogiocare. Come i vari Brain Training vi sono poi altri videogiochi che hanno fatto avvicinare un pubblico sempre più vasto al settore. Ad esempio i videogiochi della serie del Prof. Layton, un'avventura grafica a base di enigmi logici, o i giochi per Nintendo Wii, come Wii Sports e Wii Fitness.

Vi sono molti possibili settori in cui i giochi potrebbero esercitare un notevole effetto positivo sulla salute mentale e fisica dei bambini e sulla loro educazione” scrive la Dott.ssa Byron, ma anche degli adulti. Riuscire a far comprendere agli adulti che i videogiochi possono essere una fonte incredibile di possibilità per i bambini, e i giovani in generale, è fondamentale.

I videogiochi potrebbero essere usati nei bambini per migliorare la flessibilità (capacità di passare da un compito a un altro) e l’inibizione comportamentale (capacità di impedire a sé stessi di fare qualcosa di inappropriato). Ciò avrebbe un effetto significativo sulla loro capacità di regolare i propri pensieri e il proprio comportamento, che è una delle sfide caratteristiche dello sviluppo infantile e potrebbe avere un effetto molto benefico sui bambini. Vi sono altri possibili vantaggi dei videogiochi in quanto essi offrono la possibilità di aprire l'immaginazione ed esplorare altri mondi, superare paure e sviluppare un senso di identità” scrive Jones, e dice il vero. I videogiochi possono creare quei mondi, quelle opportunità che la vita reale non potrebbe offrire, ma anche far sì che gli adulti riescano a comprendere meglio il bambino, per correggerlo.


Il problema, però, è come fare per rendere operativi tutti questi proponimenti. I giochi possono essere utili nei più svariati campi, e per i bambini soprattutto. Viene in aiuto, per supportare questa affermazione, uno studio promosso dall'ISFE ed intitolato “How are digital games used in schools?”, effettuato tra la primavera del 2008 e la primavera del 2009 in alcune scuole primarie di otto paesi: Austria, Danimarca, Francia, Italia, Lituania, Olanda, Regno Unito e Spagna.

Nell'introduzione viene subito precisato che “the study extended over several months, without any preconceptions for, or against, the use of electronic games as teaching tools potentially usable in the classroom” e che “this was the first study covering several European countries, priority was given to collecting as much information as possible about the experiments now going on. For this reason, the term ‘electronic games’ had taken in a broad sense, covering video games and on-line games, games that run on consoles, computers, or mobile phones, whether they be adventure games, role plays, strategy games, simulations, racing games or puzzles”.

I programmi multimediali e i videogiochi sono stati scelti dagli stessi professori in base alle loro esigenze e caratteristiche. Nessun software è stato imposto loro. Indipendentemente dal software scelto gli alunni hanno reagito più che positivamente alla novità: “All the examples reported and the great majority of the teachers surveyed confirm that pupil motivation is significantly greater when computer games are integrated into the educational process. The pupils seem to appreciate the fact that this approach takes account of their everyday reality. They like the fact that it gives a concrete purpose to the work they are asked to do (for example, learn about a period of history so as to create a game scenario) and that it enables them to be active in their learning (as players)”.

Non solo i bambini erano maggiormente presi dallo studio, tanto da interessarsi in maniera approfondita di un particolare periodo storico e di giocare alcuni scenari di un videogame su quest'ultimo, ma questa esperienza aumentò grandemente la loro conoscenza diretta dell'evento studiato, tanto da ampliare notevolmente la loro produzione di materiale, sia a scuola, sia a casa: “During and/or after the use of a game, the pupils show real enthusiasm for writing texts, diaries, or editorial content for a website, or for making drawings and/or photographs, etc”.

Questo studio ha aiutato anche gli insegnanti a conoscere maggiormente il mondo videoludico. Si formò un forum online dove gli insegnanti potevano scambiarsi opinioni, suggerimenti e consigli. Anche i genitori, grazie a questa esperienza, sono cresciuti. Inizialmente scettici, perché associavano i videogiochi ad un divertimento violento e improduttivo, si sono ricreduti celermente. 

Interessante, ad esempio, l'utilizzo del gioco The Sims 2 da parte della scuola di Højby (Primary and Lower Secondary level) in Danimarca. The Sims 2 rende possibile il creare un nucleo familiare e decidere la vita dei membri di questo nucleo. Che lavoro devono fare, con chi si devono sposare e fidanzare, come devono arredare la casa, quali sono i loro hobby, ecc. I bambini della scuola, creato il proprio nucleo familiare, dovevano descrivere il proprio personaggio preferito, caratterizzarlo e alla fine scrivere il romanzo/copione della sua vita. Questo ha fatto sì che i bambini imparassero a utilizzare in maniera più creativa il proprio linguaggio, a migliorare la prosa e a sfruttare al massimo la propria immaginazione per un lavoro scolastico.

Altro interessante esempio quello della scuola media Zell am See di Pinzgau (Salisburgo), dove i 25 alunni della classe 2b hanno utilizzato il videogioco Zoo Tycoon 2. Il gioco è stato utilizzato in lingua inglese, e questo ha permesso agli alunni di ampliare la propria conoscenza della lingua, spinti dal desiderio di imparare a giocarlo al meglio. Inoltre, poiché Zoo Tycoon 2 è un videogioco manageriale, i ragazzi hanno migliorato le proprie conoscenze economiche ed hanno compreso, seppure non approfonditamente, le meccaniche manageriali che si celano dietro una grande attività, in questo caso uno Zoo.

A parte questi esempi, il più grande successo di questa iniziativa ha riguardato gli insegnanti: “Whether or not they use digital games in their teaching, the teachers surveyed expressed a real interest in the potential: 80% want to know more. Almost the same percentage of teachers already using games say they are interested in making greater use of them. Some 50% of the teachers who have not yet used them say they would be interested in testing them”.
Gli insegnanti, infatti, nella maggior parte, hanno avuto notevoli apprezzamenti riguardo i videogiochi, non solo perché aumentano la motivazione nei ragazzi allo studio, cosa non da poco, ma anche perché, effettivamente, aiutano gli stessi insegnanti nel far comprendere meglio agli alunni i concetti espressi. Attraverso la loro natura ludica, i videogiochi, potenziano in maniera incredibile l'effetto della parola dell'insegnante.


E' il caso di citare, come ultimo esempio, l'utilizzo del videogioco di strategia Patrician III (2003) sempre presso la scuola danese di  Højby. Gli alunni della sesta classe (12-13 anni) hanno utilizzato Patrician III per realizzare un programma didattico maggiormente multidisciplinare (Conoscenza storica, realizzazione di presentazione in PowerPoint e esposizione in lingua madre), con l'introduzione dell'elemento storico: “Players play the role of a merchant in the Middle Ages. Twenty-five copies of Patrician III were given to the school by Multimedieforeningen and Atari. The aim was to help pupils to broaden their knowledge of the Middle Ages, and to understand the kind of living conditions and power relationships which prevailed during this period. Pupils were also required to make a PowerPoint presentation (IT) and use this as a basis for a verbal presentation”. Patrician III, essendo ambientato durante il 1300 nelle città della Lega Anseatica, si prestava benissimo per un utilizzo didattico in un paese scandinavo.  

Giocare, però, non è semplice, soprattutto se si vuole vincere e si vuole fare una bella partita. Giocare ai videogiochi a sfondo storico, in particolare, richiede una discreta conoscenza della storia per rendere meno difficoltosa la vittoria; non è raro, per esempio, sentire parlare giocatori di Civilization che hanno fatto piccole ricerche storiche sulle popolazioni presenti nel gioco per conoscerne i punti deboli e sfruttarli. Allo stesso modo gli studenti danesi, mentre giocavano, hanno consultato i testi scolastici e chiesto spiegazioni più dettagliate ai professori: “Given that the game’s cultural basis is the Middle Ages, the class worked with books which explain the background to this, whilst the teacher also gave verbal explanations”. Tramite questa esperienza, divertente ma anche proficua, gli studenti hanno ampliato le proprie conoscenze e skills (capacità) in vari settori: “The aim in incorporating computer games into the course was to help pupils to broaden their knowledge of the Middle Ages generally, and to understand the kind of living conditions and power relationships which prevailed during this period (History). At the same time, pupils were required to make a PowerPoint presentation (IT) and to use this as a basis for a verbal presentation (Danish)”.

Con l'utilizzo di un semplice videogioco strategico (tra l'altro datato e non tra i più entusiasmanti da giocare) si è riusciti a coinvolgere in maniera quasi totale degli studenti di 12/13 anni, tanto da realizzare una serie di lavori (creazione di una presentazione in PowerPoint ed esposizione orale dell'esperienza) che sarebbe stato difficoltoso portare a termine in maniera altrettanto proficua con il metodo didattico tradizionale.

Non mancano però incertezze per poter applicare questo metodo di studio su più larga scala. Prima di tutto, i possibili costi. Si dovrebbero attrezzare le scuole con una notevole quantità di computer, ma la maggior parte delle scuole sono già a buon punto. Riguardo le licenze dei Videogiochi non si dovrebbe sborsare più di tanto, moltissimi si trovano a meno di 5 euro a copia (Ed il gioco rimarrebbe all'alunno). L'arrivo di Steam su Linux potrebbe fare inoltre risparmiare anche sulle licenze Windows.


Altro problema riguarda il corpo insegnanti. Non tutti gli insegnanti hanno le conoscenze base per utilizzare un computer, figuriamoci per videogiocare. Servirebbe, quindi, un vigoroso corso d'aggiornamento per migliaia di insegnanti, e questo comporterebbe un costo non indifferente. Si sta cercando, comunque, di arginare e aggirare questo problema pubblicando corpose guide per l'utilizzo dei videogiochi in ambito didattico. L'European Schoolnet, grazie alle esperienze fatte, ha pubblicato nel 2009 il manuale  “Digital games in schools: A handbook for teachers”, il quale cerca di guidare gli insegnanti nell'utilizzo degli strumenti multimediali a scuola. Personalmente, resto comunque scettico su alcuni suggerimenti che vi sono presenti (e sono presenti in altri manuali), come ad esempio l'utilizzo del gioco World of Warcraft quale strumento adatto a sviluppare un lavoro in team, per un paio di motivi, principalmente: il gioco è una droga, nel vero senso del termine, sia monetariamente (richiede un abbonamento mensile) sia per assuefazione. In secondo luogo, vi sono altri giochi in cui la collaborazione è maggiormente necessaria e più stretta (Per far rendere al meglio in questo ambito WoW bisognerebbe creare ed organizzare una Gilda, compito non facile). 

Continuando, il terzo problema si può dire sia l'intersezione di tre dubbi: la scelta dei giochi, la conoscenza da parte degli insegnanti del mercato videoludico e il contenuto dei videogiochi stessi.

Se l'insegnante non conosce i videogiochi, è difficile che possa scegliere con cognizione di causa quello che ad esso è più utile. Altrettanto vero è che se si fa consigliare il gioco e questo si rivela utile al suo insegnamento, può capitare che contenga materiale non adatto ai suoi alunni (sangue, scene cruente, ecc).
Per cercare di minimizzare questo problema, nel 2008, all'Eminent '08, è stato presentato il videogioco Frequency 1550 (realizzato in collaborazione con la Montessori comprehensive school di Amsterdam), un videogioco storico ambientato ad Amsterdam ad inizio '500, da utilizzare via cellulare/smartphone (in quanto gli alunni tendono ad usarlo più di un tradizionale PC), tramite la produzione e la condivisione di foto e l'uso di mappe interattive. Si è notato come gli studenti che hanno studiato utilizzando anche Frequency 1550 abbiano acquisito conoscenze migliori e più durature rispetto a chi ha studiato solo con il metodo tradizionale.

Il fatto, però, che non ci sia ancora un'idea precisa sulla collocazione che i videogiochi dovrebbero prendere in ambito didattico porta ad un'ultima incognita: la perplessità dei genitori verso questo metodo di insegnamento. Qualora questi ravvisassero anche solo la minima ombra, probabilmente non mancherebbe un'azione legale o una vigorosa protesta. Il videogioco, purtroppo, è ancora relegato, nella mente dei più, ad essere un oggetto di divertimento fine a se stesso, inutile per la vita pratica ed anzi corruttore dei propri deboli figli.

Alla luce dei sorprendenti e splendidi risultati raggiunti da questi recenti studi, a mio avviso, non dovrebbero esserci più remore per accogliere a braccia aperte l'utilizzo dei videogiochi nella realtà scolastica. Ultima grande barriera rimane il genitore, come già detto, e qui, per superarla, può venire in aiuto l'Università.
I giochi commerciali spesso non rispondono alle esigenze che l’insegnante può avere, e allo stesso tempo possono creare malumori presso i genitori, quindi perché non utilizzare quella grande fonte di cultura e ingegno che è l'Università per creare i supporti didattici, siano essi videogiochi o software d'intrattenimento, per far penetrare l'insegnamento informatico nella scuola? Con Frequency 1550 si è cercato di fare questo passo, ma i mezzi economici a disposizione sono ancora troppo limitati.