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Come avrete sicuramente notato Tablet e Videogiochi offrono due esperienze didattiche diametralmente opposte. Il Videogioco spinge lo studente ad utlizzare le community per scambiarsi opinioni (anche attraverso lunghe ed articolare discussioni), ad utilizzare i programmi office o grafici per realizzare guide o presentazioni, e a trovare soluzioni ai problemi (di gioco o tecnici) incontrati. Il Tablet, al contrario, parte proprio da contenuti già pronti. Essendo uno strumento prettamente passivo, che non da possibilità di sviluppare contenuti multimediali complessi, il tablet si presta ottimamente per trovare i contenuti realizzati da altri, per poi usufruirne. Le App mobile raramente, proprio per la natura semplice ed immediata del terminale, possono essere complesse e produttive come quelle disponibili su PC (Windows o GNU/Linux non ha importanza). Al contrario le applicazioni per tablet spingono l'utente a realizzare messaggi (video o testuali) brevi e dai contenuti piatti. Fattore non meno importante, dei videogiochi ormai si conosce vita, morte e miracoli riguardo il loro possibile utilizzo. I produttori di videogiochi che hanno collaborato con la European Schoolnet non si sono certamente tirati indietro dal mostrare i punti deboli di un insegnamento attraverso i videogiochi. I produttori di tablet, al contrario, hanno mai palesato a genitori ed insegnanti le possibili difficoltà che si potrebbero incontrare?

I Tablet che Samsung cerca di vendere alle scuole, inoltre, potrebbero benissimo essere dei semplici eBook. Personalmente non vedo nessuna funzione didattica che valga l'acquisto di un tablet, figuriamoci di decine o centinaia. La creatività non si potenzia con un terminale prettamente passivo, la vera creatività si mostra con un terminale potente e aperto a qualsiasi possibilità (Word processor, fogli di calcolo, grafica 2D e 3D, montaggio video, ecc): il PC. Sfido chiunque a non bestemmiare in aramaico nella realizzazione di un semplice foglio calcolo o di un testo in word con un terminale touchscreen da 7 o 10 pollici.

Perché non proporre gli Ultrabook, a questo punto? Stanno scendendo vertiginosamente di prezzo, sono dotati di uno schermo touchscreen, offrono piena compatibilità a Windows 7/8 e GNU/Linux (e quindi a moltissimi software, anche professionali), sono leggerissimi, e molto più potenti di un tablet.

Il perché è molto semplice: offrono minori utili. In questo caso a Samsung. Samsung produce in proprio i tablet che vende, dal SoC allo schermo, dalla ram alle memorie NAND Flash. Il Sistema Operativo, Android, è gratuito, quindi non deve pagare nessuna royalties. Ha già un Sistema Operativo proprio (Tizen) sui nastri di partenza, che in futuro potrebbe sostituire Android, e su cui potrebbe fare altri utili attraverso il proprio Market. Perché dovrebbe appoggiare una soluzione con cui guadagnerebbe meno e dove non è leader? Non va dimenticato, comunque, che il mercato mobile è sempre più un Far West, ed anche Samsung sta cominciando ad avere i primi problemi. Aggiudicarsi la fornitura delle scuole, economicamente, sarebbe un bel colpaccio.

Microsoft, per una volta, aveva fatto la cosa giusta continuando a puntare su Windows 8 e i PC in ambito educativo, ma il grandioso successo (di vendite, e basta) degli iPad in ambito educativo l'ha costretta a doversi accodare alla moda.

Questi, alla fine, sono solo i pensieri di un semplice appassionato di informatica, che ha qualche esperienza in ambito educativo e che si è fatto una propria idea, del tutto indipendente, di questa storia. Spero che questo articolo possa aver stuzzicato la vostra curiosità, e che vi spinga ad informarvi sull'argomento, leggendo articoli e libri. Formatevi una vostra opinione, non seguite quella di nessuno, neppure la mia: la vera crescita inizia con uno scambio di opinioni senza preconcetti.

Anche personalità di rilievo, esimi studiosi, che spesso appoggiano una multinazionale o un'altra, prendono delle cantonate paurose. E’ il caso, ad esempio, di un articolo scritto da Umberto Eco su L’Espresso, e pubblicato anche sul sito internet della rivista il 19 febbraio del 2010. Nell’articolo, scritto per la rubrica Quinto Potere, si fa presente come cercando con un motore di ricerca la parola Gesù ci si imbatta in 4.830.00 siti, mentre se si cerca la parola porno se ne trovino ben 130.000.000 milioni. Al che, il Prof.  Eco scrive: “Pensando che porno fosse troppo generico rispetto a Gesù, ho deciso di paragonare porno a religione: religione dà poco più di nove milioni di siti, certamente più del doppio di Gesù, il che mi pare politicamente corretto, ma pochissimo rispetto a porno”.   

Il Prof. Eco, però, seppure stimatissimo semiotico, non ha pensato che Internet è uno strumento, o luogo, dove si parla prettamente inglese, e che la parola “porno” è molto simile a “porn”. I motori di ricerca, senza stare a complicare il discorso ed utilizzare termini sconosciuti ai più, tendono ad associare parole molto simili, soprattutto se quella cercata compone altre parole di segno praticamente uguale, con un significante simile. E’ il caso di porno e porn: sono segni praticamente uguali. Anche Religione e Religion sono simili, si chiederanno alcuni: è dunque vero che i siti che trattano di porno sono più di quelli che trattano di religione? No, perché quando si crea un sito si può dare a ciascuna pagina anche delle parole chiave (Meta Tag), parole chiave che verranno utilizzate dai motori di ricerca per mostrare i risultati all’utente (e questo è il metodo principale che utilizzano i motori di ricerca per indicizzare i siti). Religion è spesso giudicata troppo neutra da chi realizza tali siti, e quindi scartata.  I Webmaster che realizzano siti Porno, al contrario, sono molto attenti ad inserire le Meta Tag in più lingue, così da avere un numero maggiore di visitatori. Cosa che non accade cercando Gesù, perché Jesus è un segno decisamente diverso e perché i webmaster di questi siti non hanno ragione ad inserire un Meta tag in altre lingue. Lo stesso discorso riguardo i Meta Tag vale anche per Religion.

Appurato ciò, e rifacendo la ricerca con Google, si scopre questo:

  • Porn: 365.000.000 siti
  • Jesus: 658.000.000 siti
  • Religion: 494.000.000 siti

Le conclusioni che il Prof. Eco trae nel suo articolo si rivelano quindi fallaci: “Ora la pornografia può fornire sfogo a chi per qualsiasi ragione non può fare sesso dal vivo, o suggerire a una coppia un poco stanca come ringalluzzire i propri rapporti (e in tal senso ha una funzione positiva), ma può eccitare la fantasia di persone represse spingendole poi a sfogare i loro istinti attraverso lo stupro, la molestia, la sopraffazione. […] Perché non pensare che questa martellante sollecitazione del desiderio non stia avendo un'azione anche sui responsabili della cosa pubblica, provocando una mutazione della specie, e cambiando le finalità stesse del loro agire sociale?”.

Il Prof. Eco, non conoscendo il mezzo, e non facendosi neppure le domande più scontate su di esso, giunge a conclusioni completamente inesatte, affermando che Internet è ricettacolo di vizi e malefatte. Molte persone, basandosi sulla autorevolezza di Eco avranno sicuramente preso per buone le sue affermazioni, senza farsi troppe domande. Allo stesso modo, molte persone, pensando che Internet e i terminali Mobile siano una manna dal cielo, credono che possano essere utilizzati per qualsiasi cosa.

Il mio suggerimento, quindi, è uno solo: informatevi personalmente, e fatevi una vostra opinione originale. Almeno questi esperti dovranno impegnarsi maggiormente per prenderci per il naso.

Ah, un'ultima cosa. Forse vi starete chiedendo cosa c'era dentro la pennina USB che mi è stata data. Tornato a casa l'ho collegata al PC e... non c'era nulla. Era formattata. E lo è ancora. Adesso la tengo in bacheca, come ricordo. Spero che i tablet che Samsung darà alle scuole italiane non siano come questa penna: vuoti.