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Quando ho deciso di scrivere una breve storia di AMD mi son detto: “Dovrà essere un articolo breve, lineare e semplice”. Poi, dopo aver effettuato qualche ricerca, tale pensiero è cambiato completamente. Non è possibile. La storia di AMD è legata a quella di decine di altre aziende, di altri nomi ed eventi, anche estranei ad essa. Sono emersi così tanti aneddoti, fatti curiosi e intrecci da rendere impossibile il poter scrivere la sola storia di AMD senza buttarci dentro altro, molto altro. D'altra parte il bello della Storia, con la S maiuscola, è proprio questo, in quanto nessun evento accade perché deve accadere, ma perché ne sono accaduti altri, prima e durante. Scrivendo la storia della casa di Sunnyvale questo si manifesta in tutto il suo splendore, soprattutto se si vuole entrare nella filosofia di vita dell'azienda. Come scriveva Henry James, “ci vuole un bel pò di storia per spiegare un pò di tradizione”.

 

L'inizio di tutto

La Fairchild Semiconductor International, Inc. non vi dirà molto eppure si può dire che tutto prese il via da qui. Fondata nel 1957 a San José, California, la Fairchild fu un'azienda pioniera nella realizzazione di transistor e circuiti integrati, grazie all'audacia di otto traditori e alle loro prime esperienze sul campo dovute a William Shockley.

William Shockley, un uomo dal carattere difficile, nel 1956 aprì la Shockley Semiconductor Laboratory per sviluppare un nuovo tipo di diodo, così da poter lavorare in modo più preciso e veloce i transistor. Per velocizzare il lavoro di ricerca decise di chiedere aiuto ad alcuni vecchi colleghi dei Bell Labs ma questi rifiutarono il suo invito, forse proprio a causa di passate divergenze lavorative. Decise allora di assumere i migliori laureati della costa occidentale e li scelse personalmente:  Julius Blank, Victor Grinich, Jean Hoerni, Eugene Kleiner, Gordon Moore, Robert Noyce, Sheldon Roberts e Jay Last. Dopo poco meno di un anno questi otto ingegneri decisero di lasciare Shockley per iniziare un'attività in proprio, naturalmente dopo aver trovato un magnate che investisse nel loro progetto, e questo fu Sherman Fairchild, già proprietario di grandi società (Fairchild Aircraft, Fairchild Camera and Instrument, ecc). L'idea alla base della nuova avventura era questa: utilizzare il silicio, al posto del germanio, il materiale fino ad allora usato, per realizzare i semiconduttori. L'idea si dimostrò ottima e nel giro di un paio di anni l'azienda, la Fairchild Semiconductor, crebbe di numero e di fatturato, diventando una delle principali partner di IBM, Texas Instruments e di altre grandi multinazionali statunitensi.

 

Gli "otto traditori"

 

Le cose andarono bene per alcuni anni ma l'ambiente era effervescente e rimanere sulla cresta dell'onda si dimostrava sempre più difficile con il passare del tempo. Gli stessi fondatori, uno dopo l'altro, decisero di lasciare la società per crearne di proprie, preferendo essere i proprietari di una piccola o media azienda piuttosto che i servi di un padrone. Le opportunità non mancavano certamente. Così, nel 1968, gli ultimi due fondatori rimasti alla Fairchild Semiconductor decisero di lasciare l'azienda per dare origine ad una delle società più importanti oggi esistenti, la Intel Corporation. Sherman Fairchild, il principale azionista dell'azienda, proprio nel 1968 avrebbe dovuto scegliere il nuovo CEO, così da darle quella spinta per riportarla in vetta in un mercato ormai affollato, ma le diverse vedute tra gli ingegneri e l'amministrazione portarono ad un vero e proprio esodo finale.  Robert Noyce, Vice Presidente, e  Gordon Moore, Capo della sezione R&D, alla fine si sganciarono e portarono con sé altri pezzi da 90, tra i quali  possiamo citare Andrew Grove, Leslie L. Vadász e Federico Faggin, il futuro papà del primo microprocessore monolitico, il 4004.

 

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Alla Fairchild piace vantarsi che la Silicon Valley abbia preso origine dai propri ingegneri, e non a torto

 

L'anno seguente l'abbandono di Noyce e Moore altri sette dipendenti lasciarono la Fairchild per fondare un'ulteriore azienda, quella di cui parleremo più dettagliatamente: l'Advanced Micro Devices o, per gli amici, AMD. Alla loro testa c'era Jerry Sanders, allora a capo del reparto Marketing della Fairchild, il quale decise di cambiare completamente aria, aprendo il quartier generale a Sunnyvale, lontano da Santa Clara, sede di quello Intel. Gli altri ingegneri erano Ed Turney, John Carey, Sven Simonsen, Jack Gifford, Frank Botte, Jim Giles e Larry Stenger.

Obiettivo principale della nuova casa, priva degli ingenti fondi posseduti da Intel (capace di attirare a sé grossi investitori), era quello di realizzare prodotti simili a quelli della concorrenza, ma capaci di garantire prestazioni migliori a costi più bassi, grazie ad un ambiente di lavoro stimolante. Da un certo punto di vista questa missione non si è mai persa ed è implicito anche nel motto dello stesso Sanders, CEO di AMD fino al 2002: “People first, products and profit will follow!”.

 


Quando Advanced Micro Device aprì i battenti era una realtà veramente piccola, “un vaso di terracotta costretto a viaggiare in mezzo a tanti vasi di ferro” citando il Manzoni. Nel 1975 fece uscire il suo primo prodotto, l'Am2900, un circuito integrato dal discreto successo commerciale, ma il vero salto di qualità fu fatto grazie al reverse engineering dell'Intel 8080. Chiamato originariamente AM9080, fu presto riclassificato come 8080A dopo che AMD, nel 1976, riuscì a strappare la licenza di produzione ad Intel per l'allora astronomica cifra di 325.000 dollari (pari a circa 1,3 mln di dollari attuali).   

 

L'inizio dei lavori a Sunnyvale, per la costruzione del quartier generale, con tutto il team AMD

 

Grazie a questo accordo AMD poté sviluppare delle versioni personalizzate dell'8080. L'8085 operante a 3 MHz, l'8086 a 8 MHz e l'8088, in grado di raggiungere l'incredibile frequenza di 10 MHz, la stessa del contemporaneo Intel 8086. Quest'ultimo processore AMD fu immesso in commercio nel 1979, l'anno del completamento della prima FAB di proprietà di AMD, quella di Austin, in Texas. E proprio grazie a questa Sanders poté finalmente giocare d'attacco nei confronti della grande rivale Intel, dopo un periodo di forte recessione dovuta alla crisi del greggio avvenuta a metà degli anni '70.

IBM quell'anno scelse l'8086 di Intel quale principale processore con cui equipaggiare i nuovi PC/AT, ma l'8088 di AMD sarebbe stato il rimpiazzo principale nel caso la casa di Santa Clara non fosse riuscita a consegnare il numero di chip richiesti. Così avvenne e questo permise ad AMD di ritagliarsi una posizione di certo rilievo nel mercato dei Personal Computer, lasciando alquanto contrariata Intel. Se da un lato questo successo avrebbe portato ad Intel comunque dei guadagni grazie alle royalties, dall'altro permise ad AMD di far crescere un grandioso reparto di Ricerca e Sviluppo.  Così, se nel 1982 furono siglati gli accordi per la produzione su licenza dei processori 8086, 8088, 80186, 80188 e 80286, nel 1985 Intel si rifiutò di rinnovare tale accordo per il nuovo 80386. La piccola casa di Sunnyvale cominciava a far paura.

Questa decisione fu presa per vari motivi. AMD affinò sempre di più i prodotti avuti in licenza, limando frequenze e consumi, grazie anche all'ottima FAB posseduta. Mentre il 286 prodotto da Intel riusciva a raggiungere la frequenza di 8 MHz, quello prodotto da AMD si spinse fino ai 20 MHz. Uno schiaffo incredibile alla casa di Santa Clara, la quale dovette correre ai ripari con versioni più potenti per non perdere la faccia nei confronti dei clienti, i quali ormai non si limitavano più ad IBM. Compaq, Dell ed altre aziende cominciarono a commercializzare i così detti PC IBM Compatibili, e il poter avvalersi di CPU più potenti e meno costose di quelle Intel non fu cosa da poco.

 

 

A causa di questo Intel decise di lasciare a bocca asciutta AMD, costringendola a ricorrere nuovamente al  reverse engineering per il 386. Questo processo portò via la bellezza di 5 anni ai laboratori di Sunnyvale, e costrinse Sanders a chiedere ai propri dipendenti di lavorare anche il sabato per velocizzare l'uscita dei nuovi prodotti. Proprio durante questo periodo, tra il 1985 e il 1990, il market share dei PC IBM Compatibili crebbe dal 55% all'84%, lasciando di fatto Intel in una posizione dominante. AMD cercò di correre ai ripari chiedendo un arbitrato alla Corte Federale ma il giudice affermò che, sebbene Intel si fosse comportata in modo moralmente scorretto, non era comunque obbligata a fornire in licenza i propri prodotti. Il giudice in conclusione acconsentì che AMD continuasse a vendere CPU x86, previo pagamento delle corrispettive royalties ad Intel.

Solo nel 1991 AMD fu in grado di presentare un prodotto in grado di rivaleggiare nuovamente con i processori Intel, l'Am386, frutto del reverse engineering sull'80386, ed in parte si prese una grossa rivincita. Ridisegnando la CPU Intel, i laboratori AMD crearono un piccolo mostro in grado dicompetere prestazionalmente anche con i più recenti 486SX. L'Am386DX riusciva a raggiungere i 40 MHz di frequenza, contro i 33 MHz massimi del 386 di Intel. Venduto ad un prezzo molto concorrenziale, l'Am386 divenne la prima vera CPU AMD caratterizzata da un eccellente rapporto prezzo/prestazioni, il che le consentì di essere venduta in milioni di esemplari. Nell'aprile del 1993 la testata britannica Computer Business Review scrisse: "Seaparately, Advanced Micro Devices Inc said it expects to sell some 8m to 10m Am386 chips in 1993, on par with the 9.5m sold last year. The company says that as well as launching an Am486 using Intel microcode, it still plans to go ahead with its clean version, which is due to be available in June, and production will be increased during the second half. It also says it has started work on developing an Am586 to compete with Intel Corp's forthcoming Pentium. We will introduce Intel-compatible parts first and then offer versions that feature proprietary architectural enhancements, the company says. One version of the Am586 chip will incorporate special features for portable computers". La caccia ad Intel era iniziata.

 


Mentre Intel introduce nel mercato la nuova CPU 80486, AMD si trova costretta ad affrontare diverse traversie, come abbiamo scritto: mancato rinnovo delle licenze di produzione, guerre legali e impossibilità di sfruttare il successo dell'architettura x86 con gli ormai vecchi ed antiquati 286.

L'arrivo, ma soprattutto il successo, degli Am386 permette a Sanders e soci di cambiare tattica. AMD decide di realizzare processori ex-novo, abbandonando la strada fino ad ora utilizzata, l'ottimizzazione delle CPU Intel, evitando di dipendere da quest'ultima. Questo avrebbe comunque richiesto tempo,  almeno tre o quattro anni, quindi per un'ultima volta si sarebbe ricorso al reverse engenering. Obiettivo: carpire i segreti del 486.

Per mettere in pratica quanto si era prefissato Sanders giocò d'attacco sul campo della Ricerca e Sviluppo, ed in difesa nel campo giuridico, con una Intel davvero incarognita per il successo commerciale della rivale.

Nel 1993 AMD riuscì a completare la realizzazione dell'Am486, frutto delle ricerche sul 80486 di Intel, e le ottime prestazioni del nuovo nato permisero alla casa di Sunnyvale di giungere ad uno storico accordo con Compaq e Acer per la fornitura di CPU: i processori di AMD, rispetto a quelle Intel, fornivano circa il 20% di performance in più a parità di costo. Di tutto questo ringraziarono le casse della società, la quale vide gli utili annuali raddoppiare tra il 1990 e il 1994, passando da 1.053 mln a 2.134 mln di dollari. Nulla a che vedere con Intel comunque, capace nel 1994 di generare 10 mld di utili, cinque volte quelli di AMD.

 

La confezione Retail dell'Am5x86: "486 to Pentium level Performance!"

 

Grazie a tale budget AMD non perse tempo e cominciò subito lo studio della prima architettura Home Made, che verrà poi commercializzata sotto il nome di K5, nel 1996. Contemporaneamente AMD cercò di sfruttare al meglio quanto si trovava tra le mani: commercializzò CPU 486 sempre più potenti, come l'Am486DX4 nelle varianti a 100 e 120 MHz, ma soprattutto immise in commercio nel 1995 l'Am5x86, ultima evoluzione della piattaforma di classe 486 (Socket 3). Compatibile pin-to-pin con le schede madri 486, questa CPU permise a chi non avesse voluto passare alla più costosa piattaforma Pentium un buon upgrade. L'introduzione di una Cache maggiorata, pari a 16KB (contro gli 8KB dei Am486), e l'utilizzo di una frequenza di 133 MHz, e fino a 160MHz in overclock, permise all'Am5x86 di rivaleggiare in modo convincente con i Pentium a 75 Mhz (o 90 MHz se overcloccato), grazie anche a prezzi ridicolosamente bassi.  L'Am5x86 @133 MHz aveva un costo di 93 dollari per stock di 1000 pezzi nel novembre del 1994, contro quello di 849 dollari del Pentium 90 e di 995 dollari del Pentium 100. Grazie alle ottime performance, dopo qualche mese AMD cominciò a commercializzare tale CPU come Am5x86-P75. Il primo caso di Performance Rating nella storia dei processori.

Larry Hollatz, Vice President of AMD's Personal Computer Products Division, affermò: "The Am5X86 device provides true price/performance value to computer manufacturers who require fifth-generation performance. We can provide this value, along with fifth- generation performance, by utilizing AMD's sixth-generation manufacturing process". In effetti l'Am5x86 è stato davvero una svolta per AMD, un campione nel rapporto prestazioni/consumi, tanto che ancora oggi è utilizzato nei sistemi Embedded.

La commercializzazione di questa CPU spinse Intel a velocizzare l'uscita di nuove versioni del Pentium, così a giugno del 1995 giunse la versione a 133 MHz. Le altre versioni, vista la concorrenza di AMD, calarono vistosamente di prezzo, fino al dimezzamento dello stesso. La casa di Sunnyvale stava cominciando davvero ad essere un problema.

 


AMD, mentre Intel faceva da battistrada e si preparava a prendere il largo, non era sola all'inseguimento. Altre case cercavano di ritagliarsi un posto al sole nel grandioso mercato dei processori x86, tra cui Texas Instruments, IBM, NexGen, Motorola, Transmeta e Cyrix.

Tra queste la principale rivale di AMD tra gli outsider era proprio Cyrix, azienda fondata nel 1988 da Jerry Rogers, un magnate piuttosto aggressivo. Dopo aver reclutato alcuni brillanti ingegneri, così da formare un team piuttosto d'elité, si lanciò sulle orme di Intel. Al contrario di AMD, Cyrix non produsse mai CPU Intel sotto licenza, ma sempre utilizzando la pratica del reverse engenering, cosa che provocò le ire della casa di Santa Clara, la quale comunque dovette giungere ad un patteggiamento per non venire ridicolizzata in tribunale. Le guerre dei brevetti erano molto diverse rispetto a quelle attuali, e non sempre il proprietario del brevetto aveva la meglio.

 

Articolo della testata americana InfoWorld, novembre 1995


 
Nel 1992 presentò le CPU di classe 80486 486SLC e 486DLC, compatibili con il Socket degli 80386, così da poter offrire un upgrade a buon prezzo, senza che l'utente dovesse cambiare l'intera piattaforma. Più tardi presentò le CPU Cx486S e Cx486DX, compatibili con la piattaforma 80486, ma le scadenti prestazioni, se comparate alle CPU Intel ed AMD, relegarono questi prodotti alla fascia bassa di mercato.
Cyrix decise quindi realizzare un'architettura completamente nuova, sempre x86, ma capace di competere con i recenti Pentium di Intel i quali, dopo un avvio fallimentare, a causa del così detto FDIV bug, si stavano rivelando delle ottime CPU, nonostante il prezzo proibitivo. Tale proponimento avrebbe richiesto almeno un paio di anni, quindi Rogers, CEO della società, decise di utilizzare quale palliativo temporaneo il  Cx5x86, sempre per Socket3.
Il  Cx5x86, con core M1sc, nella versione a 133 MHz, era paragonabile come performance ad un Pentium 75MHz, al pari dell'Am5x86 di AMD, ma al contrario di quest'ultimo implementava anche alcune caratteristiche del processore Intel, come l'unità di branch-prediction (anche se attivata nei soli esemplari dati alle testate giornalistiche per i benchmark, a fini pubblicitari). Il Cx5x86 era basato sul core M1 che avrebbe dovuto equipaggiare la futura CPU di punta, ma in versione castrata (da qui il nome M1sc).

Quattro mesi dopo la commercializzazione del Cx5x86 vide finalmente la luce il famoso 6x86, utilizzabile sulle schede madri compatibili con i Pentium (Socket 5 e 7). Il nuovo nato era basato su core M1, qui con tutte le funzionalità attive, compresa l'unità di branch prediction. Le elevate prestazioni delle proprie CPU convinsero Rogers e Sanders di AMD a venire ad uno storico accordo: utilizzare in maniera ufficiale il performance rating. Cyrix e AMD studiarono un sistema di classificazione da utilizzare in comune, così da poter contrastare efficacemente lo strapotere di Intel nel campo del marketing. Quest'ultima sollevò obiezioni, anche in tribunale, ma il tutto si risolse in un nulla di fatto.

Il nuovo processore di Cyrix implementava inoltre alcune novità, come la tecnica di register renaming o le funzionalità di power management, che portarono nel 1997 la casa di Rogers a citare in tribunale Intel, rea di averle utilizzate impunemente sui Pentium Pro, forse attraverso l'ormai immancabile pratica del reverse engenering: le parti si erano invertite, questa volta era Intel a voler conoscere i segreti delle ottime prestazioni della CPU concorrente. Il tutto, anche qui, si risolse con un pareggio. Cyrix avrebbe utilizzato i brevetti Intel (compresi quelli per le istruzioni MMX) e viceversa. Ma questo servì poco a Cyrix per evitare il fallimento.

Sebbene le CPU 6x86 si fossero rivelate un buon successo commerciale, soprattutto tra gli enthusiast e i videogiocatori, grazie all'ottimo rapporto prezzo/prestazioni, l'avvento di un particolare videogioco cambiò completamente le carte in tavola. Quake, di id Software, utilizzava una caratteristica particolare dei processori Pentium di Intel: la doppia unità di FPU di quest'ultimo permetteva l'esecuzione di due task contemporaneamente (in questo caso perspective correction e texture mapping), cosa che i processori AMD (fino all'Am5x86 ed in maniera limitata con i K5) e Cyrix non erano in grado di fare, minandone così le prestazioni in gioco. Questa débâcle segnò la fine dell'avventura di Cyrix quale contendente di Intel per lo scettro di migliore produttore di CPU, confinandola a concorrente di secondo piano, anche dopo la commercializzazione delle CPU 6x86MX2 e 6x86MX3. Le parole di Rogers nel novembre del 1996 a ZDNet si rivelarono del tutto infondate: “Cyrix is at the high-end and AMD is at the low-end if you range form 75MHz to 200MHz. We will have MMX in the January/February timeframe and we're pretty confident that by the first quarter of 1997 we can match up to Intel's full production line. If we give AMD an opportunity, they're going to take it”. Cyrix avrebbe cessato di esistere esattamente un anno dopo. Rogers non fu mai in grado di stringere un accordo commerciale di interesse con i grandi OEM, al contrario di Sanders, e questo mise fine a Cyrix dopo un solo intoppo di percorso.

 


Spinta dal successo del 5x86, AMD sviluppò la CPU che secondo le intenzioni di Sanders avrebbe segnato il definitivo sorpasso tecnologico nei confronti di Intel, il K5, utilizzabile sulle schede madri Socket 5 e 7 utilizzate dalle CPU Pentium. Prima CPU sviluppata  completamente da AMD, avrebbe portato con sé numerose migliorie rispetto ai processori che l'avevano preceduta: cinque unità ALU di tipo Out of Order (Il Pentium di Intel ne aveva solamente 2, di tipo In Order), cache di 16KB (Doppia rispetto al Pentium) e un'unità di Branch Target Buffer quattro volte quella del Pentium. Da un certo punto di vista, grazie alla possibilità di eseguire le istruzioni Out of Order, il K5 poteva essere considerato una via di mezzo tra il Pentium e il Pentium Pro, quest'ultima la prima CPU Intel con tale caratteristica.  

Grave difetto del K5, che si sarebbe rivelato devastante, era però la presenza di una sola unità di calcolo in virgola mobile (FPU - Floating Point Unit). Poiché i software, come il già citato Quake, sarebbero stati scritti per funzionare al meglio sul processore di Intel, essendo il più venduto, AMD vide le vendite del K5 rimanere abbastanza basse. Si cercò di migliorare le prestazioni alzando la frequenza di funzionamento, con l'introduzione dei modelli a 116 Mhz (PR166, paragonabile ad un Pentium a 166 Mhz), ma fu del tutto inutile nonostante i proclami. Qui di seguito l'annuncio da parte di AMD del modello K5-PR166:

AUSTIN, Texas--(BUSINESS WIRE)--Jan. 13, 1997--AMD (NYSE:AMD) today announced a higher performance member of its AMD-K5 processor family, the AMD-K5-PR166 processor, targeted for the mainstream desktop personal computer market.

The new AMD-K5-PR166 processor delivers system performance equal to or better than a 166MHz Pentium, as indicated by the P-Rating. The P-Rating, based on the Ziff-Davis Winstone 97 benchmark suite, provides the PC industry with a single, meaningful measurement of true system performance provided by the processor.

"With this announcement of an enhanced AMD-K5 family member, AMD continues to offer more choices to the mainstream desktop PC market," said Vinod Dham, group vice president of AMD's Computation Products Group. "By driving the state of the art in superscalar architecture and process technology, AMD is offering our customers a Pentium alternative that provides more value."

AMD today also announced that Acer America Corporation will use the AMD-K5-PR166 processor to power two new members of its AcerEntra value-priced desktop computer line. AcerEntra is Acer's branded basic system that is customized by resellers for their customers.

The AMD-K5-PR166 processor is the latest in AMD's family of fifth-generation microprocessors. The processor's Socket 7 hardware compatibility enables PC manufacturers to take advantage of low-cost system designs and infrastructure. This Socket 7 compatibility minimizes system redesign and development cost and speeds time to market.

Compatible by Design

AMD has a long history of delivering compatible processor solutions for personal computing, having supplied more than 90 million x86 processors since 1982, including over 50 million Windows-compatible CPUs in the last five years.

The AMD-K5 processor is licensed by the Microsoft Windows Hardware Quality Labs to carry the Windows95 logo and has received compatibility certification from XXCAL, Inc., an independent testing laboratory. The AMD-K5 processor is compatible with the Microsoft Windows and Windows 95 operating systems as well as the installed base of x86 software, including Novell Netware and OS/2 Warp operating systems, and more than 60,000 other software packages.

Third-Party Support

Chipset products for the AMD-K5 family are currently available from several members of AMD's FusionPC Alliance support program, including National Semiconductor (PicoPower), Acer Labs, Opti, SiS, VIA, and many others. BIOS support is provided by a wide range of third-party suppliers, including Acer, Inc., American Megatrends, Inc., Award Software, and Phoenix. A list of AMD-tested motherboards is also available to PC manufacturers to enhance time to market. This list is available on AMD's World Wide Web site.

Availability and Pricing

The AMD-K5-PR166 processor is offered in a 296-pin SPGA (staggered pin grid array) package and is priced at $167 each in 1,000-piece quantities. AMD is currently taking orders for delivery this quarter”.


La debolezza nei calcoli in virgola mobile e la successiva introduzione dei Pentium con istruzioni MMX (di cui si parlava da mesi, ma commercializzati nel gennaio 1997) fiaccarono le speranze di Sanders e soci, nonostante i bassissimi prezzi di vendita. Intel, per massimizzare questo vantaggio, realizzò una poderosa campagna pubblicitaria, e per decantare le doti multimediali delle nuove CPU vendette i Pentium MMX nelle confezioni Retail con in bundle Pod, di Ubisoft, primo gioco a sfruttare pienamente le istruzioni MMX. Per evitare il tracollo, poiché lo studio di una nuova CPU avrebbe richiesto troppo tempo, in AMD si decise di acquisire una società con un buon Know-How ed un prodotto praticamente finito da commercializzare.

Grazie alla liquidità messa da parte negli anni precedenti AMD fu in grado di portare a casa NexGen per la “modica” cifra di 870 mln di dollari. L'acquisizione fu completata nella prima metà del 1996. NexGen era una piccola società sviluppatrice di CPU x86, ma capace di realizzare in proprio, nonostante i fondi limitati, il notevole Nx586. Questo processore, portatore di molte caratteristiche interessanti, era capace di rivaleggiare prestazionalmente con i Pentium di Intel, ma aveva un grosso difetto: non era compatibile con il Socket utilizzato dalle CPU Intel, e NexGen non aveva la forza commerciale per imporne uno proprio ai grandi OEM, nonostante la bontà del progetto.

 

Come la stampa descrisse l'acquisizone di NexGen

 

 

AMD si mise subito al lavoro per rendere l'Nx686, successore dell'Nx586, compatibile con i Socket 5 e 7, e a capo del progetto fu messo Greg Favor, Chief Architect presso NexGen del reparto CPU. L'Nx686 aveva molti vantaggi sull'architettura del K5: scalava meglio di frequenza, aveva una FPU decisamente migliore e scaldava meno. Furono inoltre aggiunte le istruzioni MMX.

Il nuovo processore prese il nome di K6 e presso le riviste partirono immediatamente i primi comunicati che lo avrebbero visto pronto per la prima metà del 1997. Bisognava mantenere il fiato sul collo di Intel, in uscita con il Pentium II, ed evitare che gli analisti di borsa facessero crollare i titoli AMD.

 

Le aspettative verso il nuovo nato di AMD erano davvero elevate

 


I tempi di manovra erano davvero stretti. I Pentium MMX schiaffeggiavano i K5 e i Pentium II, evoluzione per il mercato consumer dei Pentium Pro, erano sulla rampa di lancio.

AMD lavorò alacremente sul progetto Nx686 di NexGen per tirare fuori un processore in grado di rivaleggiare almeno con i Pentium MMX, riutilizzando il sempreverde Socket 7. Intel lo avrebbe in seguito abbandonato in favore dello Slot 1, lasciandone AMD unica padrona.

I mercati erano sulle spine per il nuovo venuto, Intel stessa cercava di esorcizzare la creatura di AMD. Fino a poco prima della presentazione le uniche cose che si potevano leggere furono i comunicati stampa della casa di Sunnyvale. Buono o cattivo auspicio?  Intel sarebbe tornata la dominatrice assoluta del mercato PC e x86? Grazie ad AMD i prezzi si erano abbassati notevolmente, ed una sua scomparsa avrebbe significato pagare una CPU centinaia di dollari anche nella fascia più infima di mercato. L'utenza più smaliziata tremava.

Fortunatamente per gli utenti, AMD preparò bene il proprio ritorno in campo e, anche attraverso una campagna pubblicitaria piuttosto aggressiva, il K6 divenne una sorta di Best Buy. Erano tornati i tempi del 5x86!

 

Pubblicità a due pagine di AMD dell'aprile 1997 sulla rivista americana InfoWorld

 

 

Nell'aprile del 1997 l'AMD K6 ebbe un'accoglienza davvero ottima e le recensioni che lo mettevano a confronto con il Pentium II, nettamente più prestante (circa il 40% più veloce), ne evidenziarono comunque l'ottimo rapporto prezzo/prestazioni. Il K6 200 MHz aveva prestazioni leggermente superiori al Pentium MMX 200 MHz, costando circa il 25% in meno. Il processore di AMD divenne la scelta prediletta di chi voleva aggiornare il PC senza cambiare mezzo mondo.

Tra le caratteristiche del K6 sono da ricordare l'integrazione di tutte le 57 istruzioni MMX, la cache L1 composta da 32KB per le istruzioni e da 32KB per i dati (nei Pentium MMX e Pentium II era 16KB+16KB) e la possibilità di operare simultaneamente con 24 operazioni RISC (i Pentium Pro e Pentium II arrivavano a 20) migliorando la reattività del Sistema Operativo nel caso di carichi di lavoro elevati. Vi erano comunque anche dei difetti. I processori Intel supportavano due istruzioni MMX per ciclo, mentre il K6 solo una, limitandone di fatto le prestazioni in ambito multimediale. Inoltre la nuova architettura non era supportata da tutte le schede madri in commercio, anche a causa di chipset antiquati.

Le scarse prestazioni in ambito multimediale ottenute con la prima serie di K6 sarebbero state in seguito un vero e proprio tallone d'Achille per AMD, conosciuta dalla massa come un'azienda in grado di realizzare economici processori ottimi per l'ufficio ma inadatti al gioco. Tale nomea sarebbe poi scomparsa, almeno in parte, con le CPU della famiglia K8, e comunque molto lentamente.

 

Tabella di comparazione delle principali CPU dell'agosto del 1997. Recensione di PC Magazine, numero 16 (09/1997)

 

Le versioni e i prezzi iniziali di commercializzazione (tra parentesi), comunicati il 2 aprile, erano, per lotti di 1.000 pezzi: 166MHz (244 dollari) , 200MHz (349 dollari) e 233MHz (469 dollari). Intel, per contrastare almeno in parte il successo di AMD su Socket 7, introdusse il 2 giugno il Pentium MMX 233MHz, con un prezzo di 594 dollari per lotti di 1.000.

 


Con il Pentium II Intel decise di rimescolare le carte in tavola. AMD si era dimostrata brava a sfruttare i Socket ZIF messi a disposizione, ma come sarebbe potuta andare avanti con una piattaforma ormai morta, il Socket 7, non più supportato da Intel? A Santa Clara decisero una specie di embargo, precludendo a qualsiasi azienda che non fosse la stessa Intel lo sviluppo di CPU su Slot 1. Se avessero voluto concorrere con lei, AMD, Cyrix o chi altro avrebbe dovuto sviluppare una piattaforma propria. Erano finiti i tempi delle licenze facili.

Inoltre, visti i notevoli passi avanti compiuti da AMD, in Intel decisero di giocare la partita mettendo sul piatto qualcosa di sostanzioso. Presero la loro CPU di punta per il mercato Server e Workstation, il Pentium Pro, e lo rimodellarono per renderlo appetibile al mercato Consumer. Prima di tutto, per facilitare la sostituzione e il montaggio delle CPU, fu deciso di abbandonare il tipico socket ZIF in favore di un connettore a pettine, simile a quelli  AGP e PCI. La CPU veniva saldata su un piccolo PCB, detto Single Edge Connector Cartridge (SECC), da inserire nello Slot 1.

Poiché il Pentium Pro si dimostrò eccessivamente costoso da produrre con il Pentium II Intel decise di scendere a qualche compromesso. La Cache L2, fino al Socket 7 compreso, era saldata sulla scheda madre. Le case madri decidevano quanta utilizzarne, se 256KB, 512KB o magari 1MB. Questo andava a inficiare direttamente le prestazioni delle CPU. Per evitare che soggetti terzi potessero avere un tale potere, e per incrementare al contempo le prestazioni delle CPU, Intel con il Pentium Pro decise di inserire la Cache L2, operante alla frequenza del CPU, direttamente nel Package della stessa. Questo comportò notevoli problemi di resa produttiva, cosa che poi andò ad influire direttamente sul prezzo di commercializzazione.

 

Preview di Klamath, primo core del Pentium II, su InfoWorld, ottobre 1996

 

La Cache di secondo livello, nel Pentium II, fu saldata sul modulo SECC, e per contenere i costi si decise che avrebbe operato a metà della frequenza della CPU. In secondo luogo, poiché il Pentium Pro nacque in anticipo per i tempi, privilegiando i 32 Bit in un mondo ancora pesantemente 16 Bit, si decise di potenziare le performance con il codice a 16 Bit. Windows 95, il principale sistema operativo dell'epoca, e molti software scritti per questo sfruttavano ancora i 16 Bit in ambito consumer e non solo. Come ciliegina sulla torta furono inserite le istruzioni MMX, ormai essenziali per i programmi multimediali.

AMD, con il K6, avrebbe dovuto reggere il passo di questo mostro di potenza, con un grave handicap, una piattaforma studiata nel lontano 1993/94. Come ha superato queste difficoltà la casa di Sunnyvale?

 


Il K6 si rivelò abbastanza veloce da poter competere con il Pentium II nelle applicazioni da ufficio, ma difettava in campo multimediale. La debolezza nei calcoli in virgola mobile spinsero AMD a studiare una soluzione che non comportasse la riprogettazione ex-novo della CPU.

Per far questo, per la prima volta, AMD collaborò molto attivamente con Microsoft, la casa di Windows 95 e la creatrice delle DirectX, le librerie grafiche che ormai stavano prendendo sempre più piede in campo videoludico. Da tale collaborazione nacque 3DNow!, un nuovo set di 21 istruzioni. Queste, se implementate nei videogiochi, avrebbero permesso l'esecuzione di quattro calcoli in virgola mobile per ciclo di clock. Un bel passo in avanti rispetto alla singola operazione per ciclo di clock del K6 liscio!

Ma come convincere i programmatori ad utilizzare questa feature nei videogiochi? Qui entra in campo Microsoft. Grazie al già citato accordo le istruzioni 3DNow! furono inserite nelle librerie DirectX 6, prossime ad uscire, e nelle DirectX 5 tramite una Patch, garantendo così un ampio supporto da parte delle Software House, almeno teoricamente. Così, per evitare future spiacevoli sorprese, visto il possibile non successo di questa strategia, gli ingegneri di AMD decisero comunque di aggiungere una seconda unità dedicata esclusivamente alle istruzioni MMX.

Questa nuova versione del K6, ribattezzata K6-2 3DNow!, o più semplicemente K6-2, fu immessa in commercio solo nel maggio del 1998. Ben un anno dopo l'originale K-6. L'implementazione di tali novità portò via molto tempo e denaro, ma alla fine pagò.

Sulle riviste si cominciarono a vedere i primi benchmark con le ottimizzazioni per le 3DNow! solo verso novembre, ma i risultati furono incoraggianti, come è possibile osservare da questo ritaglio proveniente dal numero di Novembre del 1998 di PC Magazine.  

 

 

Sebbene Intel fosse uscita con versioni sempre più performanti del Pentium II, passando dagli originali 266 MHz con bus a 66 MHz (core Klamath) ai 400 MHz con bus a 100 MHz (core Deschutes), il K6-2 si rivelò un avversario molto tosto, nonostante fosse limitato almeno inizialmente a 300 MHz (Bus a 100 Mhz). Se i precedenti processori di AMD e soprattutto Cyrix (rispettivamente K6 e 6x86) costrinsero Intel a commercializzare delle CPU economiche, con la presentazione dei primi Celeron, così da non perdere quote di mercato nella fascia bassa, AMD con il K6-2 mise decisamente alle corde la casa di Santa Clara.

Secondo i dati di vendita del novembre 1998 (PC Magazine 1998) il 68% dei PC sotto i 1000 dollari commercializzati negli USA in quell'anno avevano come CPU il K6-2, il 16% un Celeron e il restante 16% un Cyrix. Un risultato fino a poco prima completamente inconcepibile per qualsiasi analista di mercato. AMD permise quasi a chiunque di poter comprare un PC performante senza doversi svenare. Proprio in questo periodo il market share di AMD toccò vette inesplorate prima, arrivando al 14%.

 

Editoriale su Maximum PC (Maggio 2000) riguardo il futuro SledgeHammer (K8)

 

Sanders comunque sapeva che dormire sugli allori avrebbe portato ad una fine certa, avendo come avversario un gigante come Intel, quindi spinse al massimo il piede sull'acceleratore della ricerca, mandando avanti tre progetti distinti: il K6-III, il K7, presentato al Microprocessor Forum del 1998, e SledgeHammer, futuristica architettura poi conosciuta come K8. Il CEO di AMD era conscio che per battere Intel si sarebbe dovuto puntare tutto sull'innovazione più sfrenata, senza badare a spese, e il numero di brevetti conseguiti nell'arco di questi anni ne è dimostrazione. Sanders era convinto che i guadagni sarebbero arrivati di conseguenza (su questo punto i suoi successori si sarebbero dovuti ricredere).

 

 

Questa situazione mise in allarme Intel, la quale fece uscire nel febbraio del 1999 il Pentium III (core Katmai), sempre su Slot1, equipaggiato con un nuovo set di 70 istruzioni destinate a diventare molto famose, le SSE. Un Pentium II un po' aggiornato. Il K6-III, nome in codice Sharptooth, uscì contemporaneamente al PIII, ma cominciava a presentare il segno dei tempi, soprattutto a causa della piattaforma ormai vetusta.  I tecnici di AMD sfruttarono all'inverosimile la piattaforma, meravigliando perfino gli avversari. Grazie alla collaborazione di IBM, gli ingegneri AMD integrarono una cache L2 On Die, cosa che permise di sfruttare la cache sulle schede madri Socket 7 come Cache L3, ma al contempo aumentò notevolmente il costo di produzione della CPU. La superficie del Die arrivò a a 118 mm2, rispetto gli 81mm2 del K6-2, ed anche il numero dei transistor subì una notevole impennata, passando dai 9,3 mln del K6-2 ai 22 mln del K6-III.  

Continuando, nelle varianti K6-III+ inserirono ulteriori istruzioni 3DNow! (Enhanced 3DNow!) ed in ultimo cercarono di spingere le frequenza verso i limiti del silicio, fino i 550 Mhz. Quest'ultimo tentativo di colmare il gap prestazionale si rivelò un fiasco, in quanto alcune schede madri perirono a causa dell'eccessivo consumo della CPU: la sezione di alimentazione delle stesse non era stata studiata per reggere tali carichi. Non è un caso che il K6-III 550 Mhz sia stato commercializzato in pochissimi esemplari, più che altro a fini pubblicitari (recensioni, eventi internazionali, ecc). La stessa carta Intel la giocherà qualche anno più tardi, arrivando agli stessi mediocri risultati, con il Pentium 4 a 3,06 GHz (Northwood B).

Per questi motivi AMD decise di abbandonare il K6-III e di concentrarsi sulla nuova architettura K7. Nata per contrastare lo Slot1 in tutto per tutto, la nuova piattaforma AMD si trovò presto davanti ad un'amara sorpresa.

 


Nell'agosto del 1999 AMD presentò ufficialmente al pubblico l'architettura K7, immettendo in commercio i primi processori Athlon, con frequenze di 500, 550, 600 e 650 Mhz. AMD progettò una piattaforma completamente nuova in proprio, abbandonando lo storico Socket 7, e per questo avvenimento coniò un nome per le proprie CPU. Al pari di Intel anche le future CPU di AMD sarebbero state conosciute con un nome, non con un numero, per migliorarne la visibilità presso il pubblico. Questo nome, comunque, non fu accolto troppo bene da parte della stampa. Ad esempio John Dvorak, giornalista che ha lavorato per prestigiose testate, tra cui InfoWorld e PC Magazine, affermò all'epoca: "It sounds more like a pair of sneakers. Or perhaps a new ointment".

Abbandonando il gossip, la CPU fu il risultato di diverse decisioni molto lungimiranti da parte di Sanders e colleghi. Solo una si rivelò errata.

Nella seconda metà degli anni '90 Sanders strinse un accordo strategico con Motorola, impegnata anch'essa nella produzione di CPU, principalmente per i Macintosh, per dividersi le spese di R&D riguardo l'utilizzo di un diverso materiale di interconnessione dei circuiti integrati. Questa alleanza consentì l'utilizzo del Rame al posto dell'Alluminio, permettendo di aumentare la frequenza di funzionamento delle CPU, diminuendone al contempo il consumo energetico.

Sempre in quegli anni, nel 1996, Sanders portò a sé un ingegnere dalle notevoli capacità, Dirk Meyer, uno dei principali progettisti dei processori Alpha, al tempo un punto di riferimento nel settore Server.

In ultimo, sempre Sanders, decise di collaborare più strettamente con IBM, leader con Intel nel settore delle fonderie, per aggiornare le proprie linee produttive, così da giungere al meglio all'allora avveniristico processo produttivo a 180nm. Sanders era convinto che il successo dovesse passare necessariamente dalle FAB, punto nodale di una buona architettura. Un'azienda che avesse voluto aver successo in questo mercato avrebbe dovuto non solo avere un ottimo progetto, ma anche delle ottime FAB per realizzarlo fisicamente, tanto che nel 1994 affermò: "Real man have fabs".

Grazie a questo notevole tatto strategico AMD riuscì a concepire, probabilmente, il proprio più grande successo. Forse non commerciale ma sicuramente tecnologico, superiore anche agli Athlon 64, il K7.

 

Preview architettura K7 su Maximum PC (Gennaio 1999) Pagg. 56-57-61

 

Come le precedenti generazioni di CPU di AMD, K5 e K6, anche K7 sarebbe stato Out-of-Order, ma avrebbe abbracciato innumerevoli innovazioni per chiudere definitivamente il gap nei confronti delle CPU Intel in campo multimediale.

Prima di tutto si potenziò l'unità di calcolo in virgola mobile (FPU), triplicandone le unità (da 1 a 3) e potenziandone la capacità di elaborazione tramite una diminuzione delle latenze. Dal documento “Floating Point Division and Square Root Algorithms and Implementation in the AMD-K7 Microprocessor”, scaricabile qui: “In order to achieve high overall floating point performance with high operating frequencies, we determined it was necessary to minimize the latencies of the fundamental operations. Reducing the number of logic levels per pipeline stage to increase operating frequency can easily cause functional unit latencies to increase by a proportional amount, with little net gain in overall performance. To realize a true performance gain, improvements in the algorithms for the operations are required to reduce the latency of the fundamental operations”.

Sull'esperienza del K6-III la cache fu aumentata, anche se non fu mantenuta la L2 On-Die a causa degli eccessivi costi. Il Processo Produttivo iniziale sarebbe stato ancora il rodato 250nm utilizzato con il K6-III quindi un K7 con la cache L2 integrata avrebbe occupato una superficie immensa, con un conseguente prezzo di commercializzazione incompatibile con il mercato di riferimento, quello di fascia bassa.  Il K7 si limitò ad integrare ben 128KB di cache L1 (64+64), il quadruplo di quanto offrivano al tempo il Pentium II e il Pentium III.

Sanders sapeva che un basso prezzo di commercializzazione sarebbe stato essenziale, non avendo AMD ancora un marchio forte come Intel, quindi si decise, almeno per la cache L2, di giocare la partita in modo conservativo. Se nei Pentium II e Pentium III la cache L2 viaggiava alla metà della frequenza della CPU, quella più economica dell'Athlon avrebbe viaggiato al 33% o al 40% della stessa. In questo modo si sarebbe potuto giocare molto di più sui prezzi, senza intaccare eccessivamente le prestazioni. La poderosa Cache L1 avrebbe fatto da contraltare.

Ma il pezzo forte sarebbe stato il nuovo Bus di connessione, preso in prestito da Alpha su Licenza, su suggerimento del già citato Meyer. Una delle pecche della vecchia piattaforma Socket 7 era la limitata bandwidth della memoria e il Bus della CPU limitato a 100 MHz. AMD acquistò la licenza per il Bus EV6, utilizzato originariamente con la CPU Alpha 21264, il quale permetteva di raddoppiare la velocità effettiva del Front Side Bus. Per andare sul pratico, il Pentium III con bus a 133 Mhz e chipset i820, coadiuvato delle costose RDRAM di Rambus, aveva una bandwidth teorica di 1,06 GB/s. L'Athlon, con un bus reale di 100 Mhz (e di 200 Mhz, grazie all'EV6) avrebbe avuto una bandwidth teorica di ben 1,6 GB/s. Sempre Meyer, spinto dall'esperienza accumulata in Alpha, spinse per avere una CPU con una pipeline integer molto corta, così da essere meno dipendente dall'unità di branch prediction, conscio di quanto quella AMD fosse inferiore rispetto a quella Intel. Fu quindi deciso che la pipeline dovesse essere lunga 10 stadi, un buon compromesso tra efficienza e frequenza taorica massima raggiungibile. Secondo studi interni ad AMD questa configurazione sarebbe stata sufficiente per raggiungere il gigahertz di frequenza e qualche mese dopo ciò si sarebbe effettivamente avverato. Per fare un confronto, il Pentium III nelle varie versioni aveva pipeline lunghe tra i 12 e i 17 stadi, mentre quella del K6 era lunga 6 stadi.

Il quadro era pronto, ma la cornice? Sanders era prima di tutto un esperto di Marketing e sapeva che l'utenza vedeva le scelte di Intel come le migliori. Poiché Intel aveva scelto di abbandonate i Socket ZIF in favore dello SLOT 1 il CEO di AMD decise di seguire come un'ombra la rivale, progettando una piattaforma in proprio su cartuccia: lo Slot A. Questa decisione, costata circa due anni di investimenti, si rivelò poi del tutto inutile.

Intel, nell'agosto del 1998, tornò allo ZIF e lanciò il Socket 370. Lo Slot 1 era troppo limitante, ma soprattutto erano troppo costose da produrre le cartucce. Il Package PGA, nelle sue varianti, risultava economicamente migliore. Questa decisione fu presa anche per motivazioni strategiche. Intel sapeva benissimo che per AMD studiare una nuova piattaforma avrebbe richiesto ingenti investimenti, figuriamoci due!

Questi intoppi non smorzarono il morale alla casa di Sunnyvale, ed anzi gli sforzi si moltiplicarono. Sfruttando al massimo il potenziale dello Slot A, in meno di un anno furono buttati nella mischia tre revisioni dell'Athlon: Argon (la prima), Pluto e Orion. Non solo, ma nel marzo del 2000 immise in commercio in grandi volumi la prima CPU commerciale ad 1 GHz, scatenando il panico tra i fanboy della casa di Santa Clara. Anche le fonderie di AMD si rivelarono migliori di quelle Intel.

 

Copertina di Maximum PC, Maggio 1999: l'Athlon a 1 GHz fa scalpore

 

Spinta da questi grandi successi, anche commerciali, AMD tirò fuori a tempo di record il nuovo socket ZIF, l'ormai immortale Socket 462, conosciuto ai più come Socket A. La sfida ad Intel era ancora aperta.

 


Con l'uscita delle CPU K7 AMD poté finalmente giocare alla pari con Intel sul versante prestazioni, con grande gaudio dell'utenza. I prezzi delle CPU di mese in mese crollarono, almeno nelle fasce media e bassa.

Le CPU K6 continuarono ad essere prodotte, così da coprire la fascia più bassa. Nel febbraio del 2000 il modello di punta della famiglia K6-2 era prezzato appena 189 dollari per lotti da 1000,  e Cyrix, ormai rantolante, svendeva le proprie CPU: le Cyrix 6x86 MIII erano vendute ad appena 89 e 99 dollari (rispettivamente nelle versioni a 400 e 433 MHz).

Intel, per non perdere eccessive quote di mercato, commercializzò Celeron sempre più economici. In Marzo i Celeron a 566 e 600 Mhz toccarono la quota, rispettivamente, di 167 e 181 dollari. AMD e Cyrix costrinsero la rivale a scendere dal trono, per camminare tra i comuni mortali.

Nella fascia alta, al contrario, era AMD a dettare legge. L'elevato costo di produzione degli Athlon Slot 1 a 1 GHz costrinse la casa di Sannyvale a prezzare le CPU a prezzi incredibili, toccando i 1299 dollari per lotti di 1000 unità. Il più veloce Pentium III, a 866 MHz, era prezzato appena a 776 dollari. Nel marzo del 2000 le azioni AMD toccheranno l'apice, superando i 43 dollari. Solo nel 2006 torneranno a livelli simili, con l'acquisizione di ATi.

 

 

Grazie alle ottime caratteristiche delle CPU Athlon, AMD poté finalmente attaccare anche il mercato mobile e Workstation (Athlon MP), fino ad allora quasi esclusivamente nelle mani di Intel. Negli anni passati tentò con le CPU K6, ma con scarso successo. K7 era in grado di offrire un prodotto dal buon rapporto consumo/prestazioni o costo/prestazioni, a seconda dell'ambito di utilizzo

Sfortunatamente per AMD questa situazione ebbe una fine precoce. Il ritorno di Intel al classico Socket ZIF con buoni prodotti, l'attaccamento dei grandi OEM al marchio di Santa Clara e la cecità dell'utenza determinarono la stagnazione delle quote di mercato. Sebbene AMD avesse prodotti molto competitivi sul versante dei prezzi, e per un certo periodo i migliori dal punto di vista velocistico, il guadagno di AMD dal punto di vista del market share per le CPU x86 fu nullo, mantenendosi sul 14,8%. L'utenza, in particolare, come avrebbe fatto anche con l'Athlon 64, premiò Intel: l'utente medio era ed è contento della concorrenza di AMD non perché può acquistare ottime CPU a  buon prezzo, ma perché può acquistare CPU Intel a prezzo inferiore. Questa situazione, per una casa piccola come quella di Sunnyvale, non era e non sarebbe stata sostenibile.

Lasciando agli articoli Storia del Socket 462 e Storia del Socket 478 il compito di spiegare l'evolversi della situazione in campo hardware nel periodo 2000-2003, in questo penultimo paragrafo vorrei soffermarmi sulle questioni finanziarie e di marketing di AMD.

Sanders, ormai prossimo al ritiro, nel 2001 decide di lasciare in eredità ad AMD un prodotto che avrebbe dovuto detronizzare Intel, in ogni fascia di mercato: l'Athlon 64. Una CPU in grado di eseguire indistintamente codice a 32 e 64 bit e dalle prestazioni elevatissime. Intel, al contrario, preferì suddividere tali capacità tra due famiglie. Xeon e Pentium da una parte, 32 bit, e Itanium, 64 bit, dall'altra.

 

 

Per far questo diede a Jim Keller carta bianca per il reparto Ricerca e Sviluppo. Mentre Intel nel 2000 spendeva in proporzione circa il 37% degli utili in ricerca e sviluppo, AMD arrivava all'incredibile percentuale del 65%.

Sanders aveva per SledgeHammer grandi progetti: K8 non sarebbe dovuta essere solamente la CPU multimediale più potente, ma avrebbe dovuto primeggiare anche in campo Mobile e Server. Sarebbe dovuta essere un vero e proprio martello, in grado di frantumare le CPU Xeon e Itanium, quest'ultimo dato per favorito sul lungo periodo nel settore professionale.

 

PC Magazine (Settembre 2001)

 

Proprio grazie a questa ultima geniale trovata di Sanders e Keller oggi possiamo utilizzare CPU con tali caratteristiche, capaci di elergirci potenza da vendere. Molti analisti e giornalisti al tempo si dimostrarono scettici su questa strada, ma adesso possiamo affermare che fu quella più giusta, tanto che anche Intel dovette inchinarsi, adottando le estensioni x86-64 di AMD. Per la seconda ed ultima volta Davide sconfisse Goliah.

 


Dopo 33 anni come CEO, Jerry Sanders abbandona lo scranno in favore di Hector Ruiz, arruolato nel 2000 per farne il proprio successore, prelevandolo direttamente da Motorola, dopo che Atiq Raza (Ex-CEO di NexGen), vero successore di Sanders, abbandonò AMD alla fine del 1999 per ragioni sconosciute. Raza fu a capo dell'ufficio per la creazione delle istruzioni x86-64 e, assieme a Keller e Meyer, fu il principale artefice dei processori Opteron.

 

Da sinistra verso destra, Hector Ruiz e Jerry Sanders

 

Dopo tante decisioni ottime, capaci di portare AMD dall'essere una piccola azienda ad una grande multinazionale proprietaria di FAB e creatrice della più veloce CPU x86, Sanders forse compie il suo più grande errore. Se AMD ha smesso di essere quella che è stata fino al 2002 forse lo si deve proprio a Ruiz. Almeno questo è quello che pensa la maggior parte degli analisti e degli appassionati.

Ma sarà proprio così? E' questa la verità? Chissà, magari lo scopriremo in un prossimo articolo sulla storia di AMD dal 2002 ai giorni nostri… sempre che qualcuno ne sia interessato.