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Il K6 si rivelò abbastanza veloce da poter competere con il Pentium II nelle applicazioni da ufficio, ma difettava in campo multimediale. La debolezza nei calcoli in virgola mobile spinsero AMD a studiare una soluzione che non comportasse la riprogettazione ex-novo della CPU.

Per far questo, per la prima volta, AMD collaborò molto attivamente con Microsoft, la casa di Windows 95 e la creatrice delle DirectX, le librerie grafiche che ormai stavano prendendo sempre più piede in campo videoludico. Da tale collaborazione nacque 3DNow!, un nuovo set di 21 istruzioni. Queste, se implementate nei videogiochi, avrebbero permesso l'esecuzione di quattro calcoli in virgola mobile per ciclo di clock. Un bel passo in avanti rispetto alla singola operazione per ciclo di clock del K6 liscio!

Ma come convincere i programmatori ad utilizzare questa feature nei videogiochi? Qui entra in campo Microsoft. Grazie al già citato accordo le istruzioni 3DNow! furono inserite nelle librerie DirectX 6, prossime ad uscire, e nelle DirectX 5 tramite una Patch, garantendo così un ampio supporto da parte delle Software House, almeno teoricamente. Così, per evitare future spiacevoli sorprese, visto il possibile non successo di questa strategia, gli ingegneri di AMD decisero comunque di aggiungere una seconda unità dedicata esclusivamente alle istruzioni MMX.

Questa nuova versione del K6, ribattezzata K6-2 3DNow!, o più semplicemente K6-2, fu immessa in commercio solo nel maggio del 1998. Ben un anno dopo l'originale K-6. L'implementazione di tali novità portò via molto tempo e denaro, ma alla fine pagò.

Sulle riviste si cominciarono a vedere i primi benchmark con le ottimizzazioni per le 3DNow! solo verso novembre, ma i risultati furono incoraggianti, come è possibile osservare da questo ritaglio proveniente dal numero di Novembre del 1998 di PC Magazine.  

 

 

Sebbene Intel fosse uscita con versioni sempre più performanti del Pentium II, passando dagli originali 266 MHz con bus a 66 MHz (core Klamath) ai 400 MHz con bus a 100 MHz (core Deschutes), il K6-2 si rivelò un avversario molto tosto, nonostante fosse limitato almeno inizialmente a 300 MHz (Bus a 100 Mhz). Se i precedenti processori di AMD e soprattutto Cyrix (rispettivamente K6 e 6x86) costrinsero Intel a commercializzare delle CPU economiche, con la presentazione dei primi Celeron, così da non perdere quote di mercato nella fascia bassa, AMD con il K6-2 mise decisamente alle corde la casa di Santa Clara.

Secondo i dati di vendita del novembre 1998 (PC Magazine 1998) il 68% dei PC sotto i 1000 dollari commercializzati negli USA in quell'anno avevano come CPU il K6-2, il 16% un Celeron e il restante 16% un Cyrix. Un risultato fino a poco prima completamente inconcepibile per qualsiasi analista di mercato. AMD permise quasi a chiunque di poter comprare un PC performante senza doversi svenare. Proprio in questo periodo il market share di AMD toccò vette inesplorate prima, arrivando al 14%.

 

Editoriale su Maximum PC (Maggio 2000) riguardo il futuro SledgeHammer (K8)

 

Sanders comunque sapeva che dormire sugli allori avrebbe portato ad una fine certa, avendo come avversario un gigante come Intel, quindi spinse al massimo il piede sull'acceleratore della ricerca, mandando avanti tre progetti distinti: il K6-III, il K7, presentato al Microprocessor Forum del 1998, e SledgeHammer, futuristica architettura poi conosciuta come K8. Il CEO di AMD era conscio che per battere Intel si sarebbe dovuto puntare tutto sull'innovazione più sfrenata, senza badare a spese, e il numero di brevetti conseguiti nell'arco di questi anni ne è dimostrazione. Sanders era convinto che i guadagni sarebbero arrivati di conseguenza (su questo punto i suoi successori si sarebbero dovuti ricredere).

 

 

Questa situazione mise in allarme Intel, la quale fece uscire nel febbraio del 1999 il Pentium III (core Katmai), sempre su Slot1, equipaggiato con un nuovo set di 70 istruzioni destinate a diventare molto famose, le SSE. Un Pentium II un po' aggiornato. Il K6-III, nome in codice Sharptooth, uscì contemporaneamente al PIII, ma cominciava a presentare il segno dei tempi, soprattutto a causa della piattaforma ormai vetusta.  I tecnici di AMD sfruttarono all'inverosimile la piattaforma, meravigliando perfino gli avversari. Grazie alla collaborazione di IBM, gli ingegneri AMD integrarono una cache L2 On Die, cosa che permise di sfruttare la cache sulle schede madri Socket 7 come Cache L3, ma al contempo aumentò notevolmente il costo di produzione della CPU. La superficie del Die arrivò a a 118 mm2, rispetto gli 81mm2 del K6-2, ed anche il numero dei transistor subì una notevole impennata, passando dai 9,3 mln del K6-2 ai 22 mln del K6-III.  

Continuando, nelle varianti K6-III+ inserirono ulteriori istruzioni 3DNow! (Enhanced 3DNow!) ed in ultimo cercarono di spingere le frequenza verso i limiti del silicio, fino i 550 Mhz. Quest'ultimo tentativo di colmare il gap prestazionale si rivelò un fiasco, in quanto alcune schede madri perirono a causa dell'eccessivo consumo della CPU: la sezione di alimentazione delle stesse non era stata studiata per reggere tali carichi. Non è un caso che il K6-III 550 Mhz sia stato commercializzato in pochissimi esemplari, più che altro a fini pubblicitari (recensioni, eventi internazionali, ecc). La stessa carta Intel la giocherà qualche anno più tardi, arrivando agli stessi mediocri risultati, con il Pentium 4 a 3,06 GHz (Northwood B).

Per questi motivi AMD decise di abbandonare il K6-III e di concentrarsi sulla nuova architettura K7. Nata per contrastare lo Slot1 in tutto per tutto, la nuova piattaforma AMD si trovò presto davanti ad un'amara sorpresa.